1° gennaio 1887
L'incendio del Palazzo Odescalchi a Roma
di Alessandro Fiorillo e Maurizio Fochi
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La storia dei Pompieri-Vigili del Fuoco è costituita da molte pagine gloriose, ma qualche volta pure da clamorosi insuccessi che tuttavia servirono da lezione per evolvere il servizio attraverso un’accorta valutazione degli errori commessi e da un’attenta analisi delle differenti realtà sviluppatesi territorialmente in altro miglior modo.
In questo ambito si colloca quanto avvenne tra gli anni 1885-1887 a Roma, con l’atteggiamento supponente palesato dal comandante del Corpo, ing. Ingami, nei confronti del primo Congresso dei pompieri italiani, tenutosi nel 1886 proprio nella capitale. Questo coincise con il trascurato comportamento verificatosi durante alcuni disastrosi incendi avvenuti nel centro della capitale. L’atteggiamento mostrato dal Comune, in particolare per conto del comandante dei pompieri, forse perché ispirato dall’avversione di un settore del ministero dell’istruzione nei confronti dei ginnasiarchi organizzatori: Reyer, Baumann e Valle che diedero origine nei tre anni precedenti, alla prima rivista interamente dedicata alle problematiche dei Pompieri. Proprio lo spirito di rivalsa dei curatori del periodico, fu da sprone per pubblicare, senza alcun filtro censorio, delle spietate critiche scritte in quel frangente dai giornali romani, a cronaca del disastroso esito di quell’intervento. Un resoconto estremamente più pungente rispetto a quanto riportato alcuni anni più tardi da Evaristo Benfenati nel libro “I Vigili di Roma, o dal susseguente periodico napoletano “Coraggio e previdenza” che di quei fatti ne tracciarono un racconto decisamente più edulcorato. Da quegli impietosi giudizi prese origine il riassetto del Corpo dei Vigili romani, che in quel momento non era ancora stato in grado di adeguarsi alla repentina trasformazione della città, originata dalla nomina a capitale, col conseguente aumento demografico e relativo sviluppo edilizio. La stessa compagnia di pompieri, forte di un glorioso passato non era ancora riuscita a conformarsi a questa nuova realtà, effetto di un mondo che stava rapidamente cambiando. Il 1° gennaio 1887 un grave incendio avvolse Palazzo Odescalchi. I vigili giunsero sul luogo dell'incendio con un'ora di ritardo, due ufficiali del Corpo appresero la notizia addirittura la mattina dopo. La pompa a vapore, unica macchina in grado in quel momento di fronteggiare un incendio con relativa rapidità ed efficacia, fu portata anch'essa sul posto con grave ritardo. L'episodio suscitò nuove aspre polemiche sulla stampa cittadina e il bilancio dei danni, circa 500.000 lire dell'epoca, amplificò ulteriormente le critiche. Da Il Vigile Italiano di gennaio 1887 riportiamo i seguenti passaggi, estratti da La Tribuna: “(...) La vasta piazza SS. Apostoli ben presto brulicò di popolo. Intanto arrivavano guardie e carabinieri e al passo di corsa giungeva un battaglione dell'80° reggimento fanteria ed uno del 7° trascinandosi dietro, naturalmente, una considerevole folla di curiosi. A presenziare gli inizii dell'incendio, c'era di tutto... tranne che delle pompe e dei pompieri. Quando alle 10 e mezza giunse la prima pompa, vorrei dire parodia di pompa, con quattro pompieri, il popolo che aveva già altamente biasimato il ritardo dei pompieri, proruppe in fischi e grida. I Commenti contro il Municipio e contro il pessimo servizio dei vigili erano alti e generali (…). I quattro pompieri, con quattro secchielli di corda asciutti e raggrinziti, giunti sul posto, cominciarono a guardarsi d'attorno, e dovettero capire senz'altro che, davanti alla imponenza del disastro, la loro presenza era per lo meno ridicola. Ma, poiché una pompa c'era, il meno che ci fosse da fare era d'adoprarla. E, novelli Diogeni, con una lanterna in mano, i quattro pompieri cominciarono a cercare per terra qualche cosa. - Cercano il loro comandante che non si trova! - gridò uno della folla. E dietro questa barzelletta, mille altre; (…) I vigili non cercavano il loro capo. Cercavano solo una bocca, una bocca d'acqua, una bocca da incendio. Ma non ne trovavano, perché in tutta Roma non ve ne sono che 36, e, per una certa fatalità, esse non si trovano che dove non è mai accaduto un incendio. Intanto arrivavano altre due o tre pompe piccole e due grandi, e più tardi una terza, in tutto sette; e poi, quando il fuoco era domato, la celebre pompa a vapore, che fu posta alla fontana di Trevi. Ma se ci vogliono i maccheroni per fare un pasticcio, ci vuole dell'acqua per far agire le pompe. Furono furiosamente aperti varii condotti di case, e finalmente, dopo circa due ore che il fuoco si era impadronito dell'appartamento del principe Baldassarre, qualche goccia di acqua cominciò ad essere diretta contro le fiamme divampanti maestosamente. (…) I pompieri andavano e venivano con delle scale o dei tubi per le mani, desiderosi di far qualche cosa, ma mancanti di ordini, di direzione. Giunse sul posto addirittura il Re, Umberto I di Savoia, per essere informato delle cause dell'incendio, dei danni occorsi e se qualche opera d'arte fosse andata perduta o fosse in pericolo. E lo stesso Re Umberto rivolse al Sindaco Torlonia, presente anch'egli sul posto, le seguenti parole: “- Ma non abbiamo una pompa a vapore? - Maestà, si – E dove si trova? Voglio vederla lavorare. - Maestà, la pompa è al magazzino”. L'entità dei danni, la disorganizzazione dei soccorsi, i ritardi, l'assenza iniziale del comandante dei Vigili, la presenza sul posto di importantissime personalità istituzionali e politiche, non poterono evitare gravi conseguenze fin dall'immediatezza dell'evento. Il Comandante Luigi Ingami rassegnò infatti le dimissioni il 7 gennaio, sostituito provvisoriamente da un ufficiale che già in precedenza si era guadagnato la stima di tutti, il capitano ingegner Attilio Anderlini, che restò in carica fino al 1893 e si trovò a dover organizzare, peraltro bene, anche il terzo Congresso dei Vigili italiani che si tenne a Roma nel maggio del 1890. La Giunta di Roma, riunitasi per discutere i provvedimenti urgenti da prendersi in seguito all'incendio, deliberò subito una generale e accurata verifica del materiale del corpo dei vigili, e che si discutesse sulla necessità di provvedere all'accasermamento di almeno 100 vigili. La Giunta ritenne inoltre il comandante dei vigili responsabile degli inconvenienti e dei ritardi dell'intervento a Palazzo Odescalchi, deliberandone la sospensione dal servizio. Infine, il ff. Sindaco Torlonia incaricò il cav. Augusto Sindici di recarsi a Milano e a Torino per prendere diretta cognizione del modo con cui era ordinato il servizio dei vigili in quelle città. Quest'ultima decisione non mancò di suscitare ilarità e ulteriori critiche sulla stampa, come leggiamo da Il Vigile Italiano n. 2 di gennaio 1887 che riporta vari estratti della stampa locale di Roma, e in particolare questo che segue da Il Messaggero: “Ci pensano adesso a mandar a vedere cosa fanno i pompieri a Milano e a Torino! E quando s'è tenuto il congresso dei pompieri a Roma, il nostro sapientissimo Municipio ha sdegnato di prendervi parte!”. Sulla sospensione di Ingami e la chiamata di Anderlini leggiamo: “Sospeso il comandante Ingami – senza neanche sentirlo – la Giunta ha scritto al capitano Attilio Anderlini chiamandolo a reggere, fino a nuovo ordine, il corpo dei vigili. La lettera fu firmata dall'assessore Libani, che ha alle sue dipendenze quel corpo. Il capitano Anderlini, nato si può dire nel corpo dei pompieri, già da tre mesi se n'era allontanato per torti ricevuti e, aveva chiesto la giubilazione. L'assessore Libani che non si era menomamente interessato di questo benemerito ufficiale, il più anziano del corpo, allorché lo aveva visto allontanarsene per immeritati affronti, adesso gli scrive a casa invitandolo a tappare il buco”. Presumibilmente gli incaricati romani per la ristrutturazione dei Vigili si rivolsero alla ditta “Bender & Martiny” di Torino la quale commissionò lo studio a Conrad Magirus, esperto dell'organizzazione dei corpi di pompieri, che elaborò questo progetto, particolarmente accurato, attento ad ogni aspetto dell’organizzazione del soccorso. La proposta si elabora in 10 capitoli: I. Costituzione ed attribuzioni del Corpo; II. Caserma e stazioni succursali; III. Divisione del corpo dei pompieri; IV. Ripartizione del servizio; V. Servizio sanitario e reclutamento; VI. Disposizioni pel servizio e attribuzioni speciali; VII. Attrezzi del corpo pompieri; VIII. Armamento dei pompieri (vestiario); IX. Allarme dei pompieri e assetto delle torri; X. Notizie diverse. Anche Magirus propose l'accasermamento, riducendo nientemeno da 300 a 200 gli uomini, ma come vedremo furono adottate altre misure. Il progetto di Magirus fu inviato dalla ditta torinese pure a diversi altri Corpi Municipali. Quello ritrovato di cui facciamo menzione è conservato nell’archivio storico del comunale di Mantova. |