La città sotto il fuoco della guerra.
Anno pubblicazione 1998
L'8 settembre segnò l’inizio della lotta partigiana attiva, e la fine del conflitto tra l’Italia e gli alleati. Il regime fascista tentò di rinnovarsi attraverso la Repubblica Sociale Italiana, uno Stato fantoccio nelle mani dei tedeschi che da alleati si trasformarono in occupanti.
I mesi che ancora separavano l’Italia dalla libertà definitiva erano venti, durante i quali con un processo irreversibile, si consumò in modo drammatico ciò che rimaneva dell’agonizzante regime fascista. In quei lunghi mesi si combatterono senza risparmio e con durezza due eserciti, uno eterogeneo per idee ed estrazione sociale, i partigiani, fatto di donne e uomini male armati a volte disperati, ma mossi dalla necessità di recuperare quel bisogno profondo di libertà e di giustizia. L’altro, i repubblichini fedeli all’alleanza con la Germania, in stretta continuità al regime fascista. I primi erano sostenuti dal popolo, i secondi dai tedeschi occupanti. Negli ultimi giorni dell’aprile 1945 tutto si concluse con una netta vittoria del popolo italiano. Una guerra senza armi fu combattuta anche dai Vigili del Fuoco, impegnati su un “fronte” non meno drammatico, fatto di bombe, crolli, distruzioni, macerie, lutti. Essi combatterono con la tenacia, la rabbia; spesso con la disperazione di chi fu lasciato solo a fronteggiare una drammatica situazione. Del progressivo sfascio delle strutture statali, i pompieri, infatti, rappresentavano uno dei pochi punti di riferimento per la gente. Ma i Vigili del Fuoco non si limitarono all’assistenza dei feriti, al recupero delle salme e alla rimozione delle macerie. Al fianco della popolazione combatterono con grandissima partecipazione e impegno, una guerra che si concluse il 27 aprile 1945 penultimo giorno d’insurrezione, con la morte del vigile-partigiano Gibellino Giuseppe, caduto con le armi in pugno nel tentativo di prendere la famigerata Caserma Dogali in Via Asti. Gibellino fu solo l’ultimo del triste elenco dei pompieri partigiani caduti, 29 in tutto, che ebbe inizio con Antonio Appino ucciso sui monti di Forno Canavese il 9 dicembre 1943. Questa era la Lotta di Liberazione. Voglio esprimere tutta la mia infinita riconoscenza agli amici e colleghi Enzo Ariu, Alberto Merlo e Mario Righi, che hanno saputo riportare alla luce i ricordi di quel tempo. Con intelligenza e infinita pazienza, hanno raccolto nel corso di diversi anni di ricerca, del preziosissimo materiale documentale e fotografico altrimenti perso, ridando voce e volto ai testimoni del tempo, e ricucendo i numerosi tasselli per anni scoordinati tra loro. E’ stato possibile, quindi, strappare all’oblio una delle nostre pagine più sofferte e belle, restituendole alla storia e ai protagonisti del tempo, a cui deve andare la giusta riconoscenza e dignità di persone, che con sprezzo del pericolo e indescrivibili sofferenze hanno lottato e creduto nei fondamentali ideali di giustizia e libertà, pagati spesso con la vita, e di cui oggi noi in qualche modo ne beneficiamo. |