La terribile estate di Foggia del 1943.
Tratto da: Michele Sforza, La città sotto il fuoco della guerra, U. Allemandi & C., Torino 1998.
Foggia - 22 luglio 1943
Quello che accadde nei giorni precedenti, i bombardamenti aerei alleati, fu solo un assaggio di quello che invece accadde il 22 luglio di settantasei anni fa su Foggia. Questa data segna forse la pagina più sconvolgente dell’intera guerra in tutto il Paese. Forse per non creare eccessivi allarmismi i giornali ignorarono gli avvenimenti e i bollettini ufficiali si limitarono a laconici comunicati. Ma il ricordo della tragedia e i segni sono tuttora vivi e indelebili nei testimoni del tempo ancora in vita. Quella mattina la stazione ferroviaria di viale XXIV Maggio, vitale nodo per il trasporto di uomini e mezzi per i fronti orientali, era particolarmente affollata di richiamati al servizio militare provenienti in gran parte dalla provincia e diretti al Distretto Militare. Ed è proprio sulla stazione ferroviaria che alle 9.43 caddero le prime bombe sganciate dai 71 bombardieri americani del 97° e 99° Gruppo. Centinaia di persone cercarono scampo nei sottopassaggi della stazione, ma la scelta fu per loro atrocemente fatale. Due bombe fecero crollare le uscite. Poco distante una ferro-cisterna trasportante benzina venne colpita da una scheggia. Dallo squarcio fuoriuscì il carburante che subito s’incendiò. Il liquido si rovesciò tutt’intorno e s’infilò nel sottopasso gremito, zeppo di gente già in preda al panico perché non poteva uscire. Qui, in questo riparo di fortuna si compì una vera ecatombe. Centinaia di persone morirono atrocemente carbonizzate vive. Non si saprà mai il numero esatto delle vittime: trecento forse quattrocento persone, che si aggiunsero a quelle morte per il crollo della struttura. I tronconi dei binari e le traversine schizzarono via per centinaia di metri travolgendo chiunque si fosse frapposto al loro inarrestabile volo. I ferrovieri compirono veri atti di eroismo, riuscendo a trasferire lontano dalla stazione un convoglio militare carico di munizioni. Molti di loro pagarono con la vita il nobile gesto. Molta altra gente colta in strada non potendosi riparare nei rifugi pressoché inesistenti, cercò scampo negli androni o tra i viali alberati della vicina villa comunale. Qui a centinaia si stiparono sotto gli alberi nella speranza di non essere visti dagli aerei mitragliatori - cinquanta circa - che completarono la tragica opera iniziata dalle bombe. Il tutto durò circa due ore. La toccante testimonianza della signora Giovanna Fontanas, giovanissima testimone del tempo, che ci narra l’orrore e il dramma vissuto: "Quel giorno era iniziato come il più felice dell’anno, perché dopo nove mesi tornavo a casa per le vacanze estive. Studiavo nel collegio “A. Mussolini” di Bellaria e insieme ad altre collegiali ero stata affidata alla nostra cara istitutrice che non riusciva a contenere la nostra euforia, “avevamo solo 15 anni”. Nello scompartimento con noi c’era un giovane signore che ci disse di essere un ferroviere. Eravamo quasi a Foggia, sul cavalcavia che rasenta il Cimitero, quando il treno si bloccò catapultandoci tutti per terra uno sull’altro riportando lievi danni. Avevano bombardato sulla stazione e vedemmo gli aerei che si allontanavano. Ci fecero scendere tutti, avevamo tanta paura! L’istitutrice era disperata perché doveva lasciare due di noi e proseguire per Bari fino a Palermo con le altre. Quel signore che viaggiava con noi prese generosamente la situazione in mano e ci guidò verso la stazione lungo i binari contorti, fiamme e sirene che ci laceravano, urla e pianti. Affidò l’istitutrice e le altre collegiali al Capo Stazione e mi auguro che siano arrivate sane e salve a casa loro. Quel signore non ci lasciò, accompagnò me e le altre collegiali a casa; attraversando la città (perché io abitavo accanto al Palazzo degli Studi) fummo spettatrici doloranti degli orrori della guerra. Il giorno dopo con le amiche ci affacciammo ai giardini della Caserma Miale e vedemmo tanti giovanissimi soldati morti ancora nelle trincee e insieme a tante donne piangemmo tutte le nostre lacrime…tutti pensavamo ai loro figli lontani….che dolore!" Ancora una breve testimonianza di Dante Paolucci, già Capo Reparto a Foggia, oggi lucido 92 enne e con Nicola De Trino pilastri della memoria storica dei vigili del capoluogo Dauno. "Nel marzo del 1943 il Comando dei Vigili del Fuoco di Foggia arruolò quarantatré giovani volontari ed io allora sedicenne vi feci parte. Ci mandarono alla Scuola di Tirrenia per un corso professionale e una volta terminato fummo assegnati al Comando di Taranto. Iniziarono i bombardamenti su Foggia e rientrammo tutti a questo Comando presso il Campo Sperimentale di via Napoli. Non ci fu più pace, fra recupero di feriti e allarmi continui eravamo sempre fuori per soccorso. Fu proprio questo periodo doloroso ma entusiasmante a rafforzare la passione e la volontà di fare il Vigile del Fuoco come poi è accaduto per trentuno anni rispondendo con responsabilità e abnegazione a tutti i doveri." Presto un’altra incursione avrebbe terrorizzato la città. Verso le 2 della notte del 23 gli aerei mitragliatori ripiombarono sulla città e sulla periferia, colpendo qualunque cosa si muovesse, soprattutto la lunga teoria di sfollati che senza una meta prendevano la via della fuga, lasciandosi alle spalle la città in fiamme e in mano agli sciacalli che depredavano tutto, persino i morti che ancora a centinaia erano disseminati per le strade. Il lavoro per le squadre di soccorso, e per la poca forza pubblica scampata fu immane. Alla fine i morti di quella giornata furono 7643, ignorati persino dal bollettino di guerra. Radio Londra laconicamente annunciò: «Abbiamo “coventrizzato” Foggia». Ma il peggio per il capoluogo del Tavoliere delle Puglie doveva ancora venire. Il 17 agosto 1943 cessò ogni resistenza in Sicilia; l’isola venne occupata totalmente in pochi giorni dall’esercito alleato e da essa iniziò la risalita della nostra penisola. Due giorni dopo riprese il ciclo di incursioni sulla città di Foggia, che si concluse il 9 settembre con uno spaventoso bilancio di vittime e distruzioni, che fece del capoluogo dauno la più danneggiata tra le città italiane. I bombardamenti, sempre violentissimi, ripresero il 19 agosto alle 12.00. In poco più di due ore in sei ondate, dai 233 bombardieri vennero vomitate 586 tonnellate di bombe, un quantitativo che superò quello sganciato l’8 agosto su Torino, Milano e Genova; ma Foggia allora contava poco più di 70.000 abitanti, con un’estensione infinitamente inferiore a quella delle tre capitali industriali. Va da sé comprendere la diversa capacità di assorbimento dell’enorme massa d’urto provocata dalle bombe. Il bilancio finale delle vittime fu pauroso; si calcola non meno di 9581 morti. Pochi giorni dopo il Vescovo della città, mons. Fortunato Maria Farina, scrisse una dettagliata e accorata relazione a papa Pio XII per informarlo dell'accaduto. Ne riportiamo uno stralcio «Quand'ecco che il 19 agosto, verso le ore 12, si abbatté su tutta la città un'incursione che a detta degli stessi inglesi, è stata la più terribile da essi operata nell'Europa meridionale. Molte centinaia di apparecchi, in sei ondate successive, per lo spazio di due ore e mezzo, scaricarono su tutti i punti della città migliaia e migliaia di bombe». Il dato potrà sembrare eccessivo, ma tanto basta per dare l’idea di cosa accadde a Foggia in quel caldo giorno dell’estate del 1943. La città era stata ormai abbandonata dalla totalità dei suoi abitanti, rifugiatisi nelle campagne e nei comuni vicini. Foggia era ormai una città fantasma contro la quale si accanì, senza pari altrove, una forza d’urto spaventosa che annientò qualcosa come il 76 per cento dell’intera superficie edificata. Come se non bastasse cinque giorni dopo, nella notte tra il 24 e il 25 agosto, altre bombe sulla città, che falciarono 971 persone. Ancora mons. Farina: «E quasi ciò non bastasse, la notte ci fu una nuova incursione violentissima, ripetutasi poi il 25 mattina». Ancora ventuno vittime il 9 settembre e 179 nella notte tra il 17 e il 18 settembre. Questa fu l’ultima incursione aerea sulla città di Foggia che venne dichiaratacittà sinistratissima. Cessò definitivamente di soffrire il 23 settembre 1943 con l’entrata in città degli alleati, accolti con nuova speranza dai superstiti che cominciavano, a partire da quel giorno, a intravedere dopo tre anni di guerra lo spiraglio di una nuova vita e di una rinascita. Ufficialmente i morti furono 20.298. Sicuramente mai si conoscerà la cifra reale, forse sono tanti, forse no. Sta di fatto che la storia di Foggia, medaglia d’oro al valor civile nel 1959 e medaglia d’oro al valor militare nel 2007, venne sistematicamente ignorata dalle autorità(57)e dagli organi di informazione del periodo. Inoltre non vi è mai stato un consenso unanime da parte degli storici sul reale numero delle vittime. Rimane comunque il fatto che la città fu tra le più colpite in assoluto da armi convenzionali. |