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14 novembre 1951.
L'alluvione del Polesine.


In Italia erano ancora presenti i segni lasciati dal recente conflitto bellico, quando ecco che un nuovo disastro, il primo dell’Italia del dopoguerra, si abbatté su una vasta zona del Nord-Est del Paese.
L’alluvione causata dall’esondazione del Po nelle province di Rovigo, Ferrara e Mantova, è considerata una delle più grandi catastrofi idrogeologiche. Il grande lembo di terra compreso tra due grandi fiumi: il Po e l’Adige, divenne un’immensa distesa di fango e acqua.
Ancora pochi italiani conoscevano il Polesine, ma l’evento fu talmente grave e vasto, che ben presto tutti impararono a conoscere un territorio ancora povero, ma fiero e ricco di bellezze naturali.
Lo straripamento del Po ebbe inizio fra i comuni di Occhiobello e Canaro. Poi ci furono le rotte degli argini. Milioni di metri cubi di acqua e fango dilagarono nelle povere campagne del Polesine. Il bilancio del disastro fu drammatico: circa cento morti di cui ben ottantaquattro nell’episodio del famigerato “camion della morte”.
Il disastro toccò il cuore di tutti gli italiani, che si prodigarono con grandi offerte di aiuto. Da Nord a Sud, ognuno, come poteva, volle contribuire a lenire le sofferenze della gente toccata da una grande tragedia. L’aria di solidarietà, il desiderio di notizie, la voglia di fare qualcosa per qualcuno, una improvvisa familiarità con il Polesine fu grande. L’Italia da pochi anni riemersa dal dramma della guerra, si mobilitò per la prima grande campagna di solidarietà.
I vigili del fuoco, tenaci, infaticabili e modesti, risposero con uno sforzo eccezionale, confluendo da ogni angolo del Paese.

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