La tragedia della notte di Sant’Ignazio
L’alluvione dell’Olanda del 1953
di Michele Sforza
Poco più di un anno era trascorso dalla drammatica alluvione del Polesine, quando nella notte tra il 31 gennaio e il 1º febbraio del 1953 una terribile inondazione colpì le terre affacciate sul Mare del Nord: l’Olanda, il Belgio, l’Inghilterra e la Scozia.
Il manifestarsi dell’evento fu la combinazione di una serie di condizioni atmosferiche fortemente negative, che per fortuna si manifestano non frequentemente.
Un eccezionale alta marea di circa sei metri incombeva pericolosamente sulle tre dighe che proteggevano le terre olandesi, ben al di sotto del livello del mare: Waker (la vegliante), Dromed (la sognante) e Slaper (la dormiente), cedettero di schianto sotto la spinta dell’acqua rinforzata da un vento che spirava a circa 180 km/h, senza il benché minimo tentativo di opporre una qualche forma di resistenza all’invasione dell’enorme massa di acqua, che ebbe così gioco facile nell’inondare in poche ore, le terre basse che in alcuni punti era inferiore di 1 metro rispetto al livello del mare (il 50% del territorio).
La popolazione olandese al di qua delle dighe, non era particolarmente preoccupata perché pensava che il vasto fronte depressivo, proveniente da nord/ovest che generò un vento alla velocità di 125 km/h, avrebbe perso la sua potenza man mano che si avvicinava alle coste olandesi. Non fu così poiché il forte vento giunto sul territorio inglese, si rinforzò ancora invece di perdere energia, spazzando le coste olandesi a 180 km/h.
La catastrofe venne accentuata anche dalle grandi quantità di acqua provenienti dai fiumi Reno, Mosa e Schelda più altri minori, che non trovando naturale sfogo nei rispettivi delta invasi dall’acqua marina, si riversarono nelle campagne circostanti aggravando ulteriormente la già difficilissima situazione.
Scrisse Jan van Niederson, corrispondente de “La Stampa” due giorni dopo: «Una testimonianza particolarmente impressionante è data dal pilota di un apparecchio da ricognizione, che ieri pomeriggio (2 febbraio N.d.A.) ha sorvolato a lungo l’area colpita. Egli ha detto: “Sotto di noi si stende la paurosa superficie d’acqua torbida che ha sommerso campi e strade. Le due isole che hanno per prime sperimentato la furia dei marosi, offrono uno spettacolo di immane squallore. Se ci abbassiamo, possiamo distinguere a occhio nudo le carcasse degli animali annegati, le case devastate e distrutte, i pali telegrafici divelti. Proviamo una sensazione incontenibile di orrore al pensiero che decine e forse centinaia di cadaveri galleggiano sulle acque limacciose.
Quando sarà possibile fare un bilancio delle vittime si misurerà la catastrofe in tutta la sua immane gravità. Città e villaggi hanno perso qualsiasi carattere distintivo, che permetta di individuarli e di fissarli sulla carta geografica.
Secondo informazioni ufficiose diffuse all’Aja dopo mezzogiorno, i morti in Olanda potrebbero superare i 1500, mentre in Inghilterra il numero delle vittime si teme possa arrivare al migliaio. E’ certo comunque che fra i due Paesi già sono stati contati 1500 morti».
A tre giorni dall’alluvione i morti accertati in Olanda furono 1200, 52.ooo le persone tratte in salvo dai soccorritori e 400.000 gli ettari di terre sommerse dal mare. In Inghilterra furono un migliaio le vittime, 35.000 i senza tetto e 100.000 ettari di terre sommerse.
A queste drammatiche cifre vi sono da aggiungere le oltre 230 vittime si contarono in mare, con il naufragio del traghetto Princess Victoria e di diversi pescherecci.
E il bilancio non era ancora definitivo. Bisognerà attendere ancora diversi giorni prima di ristabilire i contatti tra le diverse comunità. Solo così sarebbe stato possibile individuare il numero preciso delle vittime.
Il 6 febbraio alle 6,10 del mattino con il marconigramma n. 339 proveniente dalla Prefettura di Torino e indirizzato al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Torino, giunge la disposizione ministeriale di raggiungere immediatamente il Comando VVF di Milano, per ricongiungersi con gli altri colleghi italiani destinati a comporre il Corpo di Spedizione dei Vigili del Fuoco italiani destinato a dare man forte ai colleghi olandesi.
L’ordine di mobilitazione giunse il giorno precedente tramite telegramma del Ministero dell’Interno. Lo stesso fissò il contributo in uomini e mezzi che Torino dovette predisporre per la missione.
Un Ufficiale, tre Sottoufficiali e undici Vigili era la forza della squadra dei soccorritori che avrebbero dovuto muoversi con un mezzo anfibio e alcuni automezzi adibiti al trasporto degli uomini, delle imbarcazioni leggere e delle attrezzature pompieristiche.
Questi gli uomini del Comando di Torino inviati nelle zone operative: ing. Elifani Giacomo, Rubino Giuseppe, Scrigna 2° Domenico, Odasso Pietro, Alessiato Vittorio, Aimonetto Pietro, Dadone Pietro, Nadalin Mario, Da Rold Samuele, Scrigna 3° Carlo, Versino Aristide, Racca Giuseppe, Vacchetta Alberto, Machetti Fulvio, Visconti Renato.
Il Brigadiere Domenico Scrigna ebbe il compito di fotografo ufficiale della missione italiana.
Le altre forze in campo furono:
Direzione Generale Servizi Antincendi: Comandante Ing. Carlo Malagamba – V.Brig. Guido Gallina – V.Brig. Gaspare Naldini – Vig. Antonio Moscarda – Vig. Vittorio Petrone – Vig. Crescenzio Russo.
1° Corpo VV.F. Roma: Ufficiale Geom. Serafino Pagnoni – Brig. Francesco Udovini – V.Brig. Federico D’andrea – V.Brig. Alessandro Croce – V.Brig. Ercole Soccorsi – Vig. Angelo Tacci – Vig. Osvaldo Prosperi – Vig. Giovanni Marpi – Vig. Luigi Di Giulio – Vig. Gastone De Stefani – Vig. Giuseppe Leoni – Vig. Orlando Bianconi – Vig. Amedeo Di Giorgio – Vig. Ezio Moggiani.
2° Corpo VV.F. Alessandria: Vig. Felice Iustich – Vig. Gino Pavesi – Vig. Paolo Lagazzi – Vig. Vincenzo Rossi – Vig. Giovanni Viotti.
3° Corpo VV.F. Ancona: Vig. Elso Tonnarelli – Vig. Argeo Mercanti – Vig. Elio Bracconi – Vig. Daniele Fulgeri – Vig. Evaristo Bettelli.
14° Corpo VV.F. Bologna: V.Brig. Vado Proni – Vig. Sc. Alberto Marchi – Vig. Mario Pirazzoli – Vig. Mario Eusticelli – Vig. Callisto Giovagnoni – Vig. Eugenio Nuvoli.
15° Corpo VV.F. Bolzano: V.Brig. Francesco Bragagna – Vig. Guglielmo Devilla – Vig. Bruno Filippi – Vig. Giovanni Piecher.
16° Corpo VV.F. Brescia: Vig. Giuseppe Ardoini – Vig. Antonio Zavaglio – Vig. Ennio Prandelli – Vig. Franco Bonzio.
30° Corpo VV.F. Ferrara: Vig. Sc. Anacleto Mangolini – Vig. Florindo Faccini – Vig. Sc. Gino Ferraresi – Vig. Carlo Finetti – Vig. Armando Rimondi.
36° Corpo VV.F. Genova: V.Brig. Antonio Serra – Vig. Ermenegildo Venzini – Vig. Carlo Brunella – Vig. Vittorio Fossa – Vig. G. Battista Gaggero – Vig. Giacomo Damuggia – Vig. Sebastiano Russo – Vig. Carlo Giacchetta – Vig. Marcello Righetti – Vig. Vincenzo Gazzolo – Vig. Luigi Giubergia.
52° Corpo VV.F. Milano: Mar.llo Virgilio Malinverno – V.Brig. Luigi Molteni – V.Brig. Carlo Ripamonti – V.Brig. Aldo Vacchini – V.Brig. Aurelio Seveso – Vig. Ugo Maltoni – Vig. Angelo Carpani – Vig. Amedeo Pagliarini – Vig. Guglielmo Fagnani – Vig. Alberto Giusta – Vig. Luigi Dall’armi – Brig. Felice Carrara.
54° Corpo VV.F. Napoli: Vig. Antonio Esposito.
55° Corpo VV.F. Novara: Brig. Giuseppe Bernarsconi – Brig. Agostino Martinelli – Vig. Sc. Carlo Barassi – Vig. Sc. Antonio Del Grande – Vig. Franco Angelini – Vig. Angelo Rampezzotti – Vig. Luigi Stancalini – Vig. Dante Carretti – Vig. Franco Barassi – Vig. Celestino Redo.
57° Corpo VV.F. Padova: Brig. Vittorio Manganello – V.Brig. Giovanni Baccin – Cig. Sc. Italo Rossetto – Vig. Elio Tisato – Vig. Giovanni Modesti – Vig. Angelo Degan – Vig. Giovanni Camporese – Vig. Luigi Favaro – Vig. Ferruccio Lazzarin – Vig. Franco Rossi.
60° Corpo VVF. Pavia: V.Brig. Basilio Dell’acqua – Vig. Sc. Ferdinando Losio – Vig. Sc. Guido Palasi – Vig. Pierino Molinari – Vig. Osirio Cerilli – Vig. Luciano Zanoni – Vig. Umberto Barbieri.
64° Corpo VV.F. Piacenza: Giuseppe Bernardi – Vig. Luviano Schiavi – Vig. Lino Bernardi – Vig. Sergio Gastaldi.
71° Corpo VV.F. Reggio Emilia: Vig. Ido Menozzi – Vig. Renzo Maccari – Vig. Mario Stradelli – Vig. Giuseppe Pasqua.
80° Corpo VV.F. Sondrio: V.Brig. Giovanni Cappellaro – Vig. Andrea Bordoni – Vig. Nicola Vattavuk – Vig. Carlo Reganzani.
86° Corpo VV.F. Treviso: Vig. Antonio Piovesan – Vig. Giorgio Bergamini – Vig. Giuseppe Bergamo – Vig. Mario Menegoni – Vig. Angelo Barbon.
89° Corpo VV.F. Venezia: V.Brig. Umberto Caprioli – Vig. Bruno Jurig – Vig. Filippo Fogli – Vig. Luigi Penso – Vig. Germano Fontanella – Vig. Vittorio Visinoni – Vig. Amedeo Mazzucato.
91° Corpo VV.F. Verona: Brig. Vito Monesini – Vig. Renato Brancaleoni – Vig. Dino Zovi – Vig. Otello Brunetto – Vig. Bruno Venturelli.
92° Corpo VV.F. Vicenza: V.Brig. Alfio Bernardi – Vig. Natale Rampazzo – Vig. Nereo Cosma – Vig. Dino Cernaz – Vig. Celestino Busolo.
Aggregati: Sig. Mario Pontello, Radio Tecnico – Sig. Emilio Veronelli, Operaio specializzato riparazione anfibi – Sig. Armando Zanninello, Ferroviere – Sig. Gino PUPPI, Ferroviere.
L’invio del contingente italiano: 154 uomini, insieme a quello di altri Paesi europei, fu di grande importanza per due aspetti fondamentali. Il primo, sicuramente fondamentale, fu quello di aver portato un grande aiuto all’opera immane del soccorso alla popolazione olandese. Il secondo, straordinario e importante per il periodo, fu quello di aver stabilito il principio dell’interscambio e della cooperazione. In un’Europa da pochi anni uscita dalle devastazioni della guerra quello il primo riuscitissimo esempio di difesa civile congiunta sul piano internazionale.
Così commentava la spedizione l’articolo apparso su L’Antincendio, la rivista mensile edita dal Servizio Antincendio e Protezione Civile del Febbraio 1953: «Dopo 42 ore di viaggio, l’undici febbraio il Corpo di spedizione dei Vigili del Fuoco italiani, giungeva sul posto: a Zevembergen di fronte all’isola di Tholen. Il mare del Nord aveva frantumato per lunghi tratti dighe possenti, che il lavoro di molte generazioni aveva elevato a difesa della terra. La laboriosa vallata, la più ricca del Brabante, era devastata, squassata, spazzata da un gelido vento. Due dighe la proteggevano: la “vecchia diga del mare” e la “nuova diga del mare”. Su questo fronte dell’invasione del mare e dell’offensiva del disastro i Vigili del Fuoco italiani stabilirono la loro sede di attività e posero mano alle opere di difesa e di soccorso. La cronaca di questo il Corpo di spedizione dei VV.F. ha compiuto durante i 34 giorni del suo soggiorno in Olanda, non è facile né può essere riassunta se non dalla scarna eloquenza delle cifre. E le cifre, quelle conclusive del bilancio complessivo, sono: 850 mc. di terra trasportata per tamponare le falle delle dighe; 3.500 km. di binari per deacuville montati (porzioni prefabbricate di binari a scartamento ridotto che possono essere montati e smontati velocemente per il trasporto di minerali, legno, terra e altri materiali N.d.A.); 36.000 Km. di strade percorse lungo il fronte dell’inondazione olandese con gli automezzi propri del reparto portati dall’Italia; 25.000 ore lavorative dedicate dai 154 componenti il reparto all’azione di soccorso e ai lavori di difesa; un milione e mezzo di fiorini di valore dei materiali e dei beni ricuperati senza contare il valore dei beni salvati; 25 ore di immersione da parte dei sommozzatori.
Circa il lavoro svolto dai nostri Vigili, va sottolineato quanto segue: Il giorno 16 febbraio corrispondente ad un nuovo periodo di alta marea, tutti i reparti stranieri si sono ritirati; se la giornata fosse stata ventosa il disastro si sarebbe, con ogni probabilità, ripetuto; la ragione di assumere posizioni più arretrate era tecnicamente giustificata; gli italiani, però, che non sanno scindere il sentimento dal puro ragionamento, sono rimasti nel loro accampamento, a 20 mt. Dalla zona allagata, perché la popolazione era rimasta al suo posto e non era evacuata; in caso di forzata ritirata i Vigili del Fuoco italiani avrebbero costituito la retroguardia della popolazione e non si sarebbero ritirati, a costo di qualsiasi sacrificio, di un solo metro, fino a quando non avessero avuto la certezza che dietro di loro non era rimasto nessuno.
Gli italiani in Olanda, particolarmente dalla popolazione in genere, non erano ben conosciuti. Il soggiorno dei nostri Vigili del Fuoco, le loro molteplici capacità lavorative, la resistenza al lavoro, l’intelligenza, il contegno corretto e disciplinato sia sul lavoro che altrove è valso a dissipare talune diffidenze dei primi giorni e a stabilire, una grande fiducia in loro e nelle loro qualità di uomini di forte volontà unita alla gentilezza dell’animo».
Un giovanissimo Sandro Paternostro, divenuta poi una figura mitica di corrispondente RAI da Londra, seguì la missione italiana commentando per le colonne de “Il Tempo”, il lavoro svolto dagli italiani: «Il tratto di diga affidato alle cure degl’italiani sarà riparato tra due o tre giorni al massimo. La pattuglia dei “sommozzatori” ha avuto ieri e oggi un gran da fare. Essa è composta da quattro Vigili del Fuoco addestrati secondo gli stessi criteri che informarono, in tempo di guerra, l’allenamento dei “sommozzatori” della Marina. Ciascuno dei quattro “sommozzatori” dispone di uno speciale copricapo che lo fa rassomigliare vagamente ad un palombaro rivestito del suo tradizionale scafandro sino alla base del collo. |…| Insomma il “sommozzatore” è come un pesce. |…| la pattuglia ha affrontato un macabro e difficile compito nelle scorse 48 ore. I quattro nuotando sott’acqua, sono entrati all’interno di una casa ad un piano, sommersa, per ricuperare le salme di una famiglia di cinque persone affogate una diecina di giorni fa».
Nella popolazione di Zevenbergen questo ed altri pietosi episodi, come quello del recupero di un bimbo morto che aveva tra le braccine ancora il suo cagnolino di pezza, destarono grande clamore ed ammirazione per i vigili italiani che si guadagnarono sul campo l’ammirazione e la gratitudine degli olandesi.
Già dal giorno seguente al loro arrivo, i pompieri italiani seppero farsi apprezzare per l’impegno avuto. Il Principe Bernardo, consorte della Regina Giuliana d’Olanda, mentre sorvolava il territorio martoriato, notò un gruppo di una cinquantina uomini intenti a lavorare sui tronconi di una diga tra la tormenta della neve, a circa -15°. Sceso dall’elicottero volle stringere la mano a quegli uomini coperti da sole casacche di tela nera cerata. Quegli uomini con conoscevano l’inglese, ma seppero farsi capire ugualmente con uno stile tutto italiano. Erano i pompieri italiani, gli unici al lavoro in quella zona a cui erano stati destinati anche i soldati olandesi e statunitensi.
Al momento di ripartire per l’Italia, alla conclusione delle operazioni, fu grande la festa che la comunità olandese volle organizzare per l’addio dei pompieri.
A rientro in patria l’ing. Carlo Malagamba, capo della missione italiana, concluse la sua lunga e appassionante relazione di intervento con queste accorate parole: «Non potrei meglio concludere sottolineando, come ho già avuto occasione di scrivere in altra sede, che se il lavoro degli italiani, in mezzo alle più aspre insidie, è stato compiuto senza il minimo incidente lo si deve all’aiuto della Provvidenza; ma se si vuol dare umanamente una spiegazione di ciò, se ne deve ricercare l’origine soprattutto nella intima ed indissolubile fiducia che si è stabilita, a 1500 km. dalla madre Patria, tra Ufficiali, Sottufficiali e Vigili ai quali rinnovo, anche da queste righe, il mio grazie ed il mio più affettuoso e memore saluto».
Il manifestarsi dell’evento fu la combinazione di una serie di condizioni atmosferiche fortemente negative, che per fortuna si manifestano non frequentemente.
Un eccezionale alta marea di circa sei metri incombeva pericolosamente sulle tre dighe che proteggevano le terre olandesi, ben al di sotto del livello del mare: Waker (la vegliante), Dromed (la sognante) e Slaper (la dormiente), cedettero di schianto sotto la spinta dell’acqua rinforzata da un vento che spirava a circa 180 km/h, senza il benché minimo tentativo di opporre una qualche forma di resistenza all’invasione dell’enorme massa di acqua, che ebbe così gioco facile nell’inondare in poche ore, le terre basse che in alcuni punti era inferiore di 1 metro rispetto al livello del mare (il 50% del territorio).
La popolazione olandese al di qua delle dighe, non era particolarmente preoccupata perché pensava che il vasto fronte depressivo, proveniente da nord/ovest che generò un vento alla velocità di 125 km/h, avrebbe perso la sua potenza man mano che si avvicinava alle coste olandesi. Non fu così poiché il forte vento giunto sul territorio inglese, si rinforzò ancora invece di perdere energia, spazzando le coste olandesi a 180 km/h.
La catastrofe venne accentuata anche dalle grandi quantità di acqua provenienti dai fiumi Reno, Mosa e Schelda più altri minori, che non trovando naturale sfogo nei rispettivi delta invasi dall’acqua marina, si riversarono nelle campagne circostanti aggravando ulteriormente la già difficilissima situazione.
Scrisse Jan van Niederson, corrispondente de “La Stampa” due giorni dopo: «Una testimonianza particolarmente impressionante è data dal pilota di un apparecchio da ricognizione, che ieri pomeriggio (2 febbraio N.d.A.) ha sorvolato a lungo l’area colpita. Egli ha detto: “Sotto di noi si stende la paurosa superficie d’acqua torbida che ha sommerso campi e strade. Le due isole che hanno per prime sperimentato la furia dei marosi, offrono uno spettacolo di immane squallore. Se ci abbassiamo, possiamo distinguere a occhio nudo le carcasse degli animali annegati, le case devastate e distrutte, i pali telegrafici divelti. Proviamo una sensazione incontenibile di orrore al pensiero che decine e forse centinaia di cadaveri galleggiano sulle acque limacciose.
Quando sarà possibile fare un bilancio delle vittime si misurerà la catastrofe in tutta la sua immane gravità. Città e villaggi hanno perso qualsiasi carattere distintivo, che permetta di individuarli e di fissarli sulla carta geografica.
Secondo informazioni ufficiose diffuse all’Aja dopo mezzogiorno, i morti in Olanda potrebbero superare i 1500, mentre in Inghilterra il numero delle vittime si teme possa arrivare al migliaio. E’ certo comunque che fra i due Paesi già sono stati contati 1500 morti».
A tre giorni dall’alluvione i morti accertati in Olanda furono 1200, 52.ooo le persone tratte in salvo dai soccorritori e 400.000 gli ettari di terre sommerse dal mare. In Inghilterra furono un migliaio le vittime, 35.000 i senza tetto e 100.000 ettari di terre sommerse.
A queste drammatiche cifre vi sono da aggiungere le oltre 230 vittime si contarono in mare, con il naufragio del traghetto Princess Victoria e di diversi pescherecci.
E il bilancio non era ancora definitivo. Bisognerà attendere ancora diversi giorni prima di ristabilire i contatti tra le diverse comunità. Solo così sarebbe stato possibile individuare il numero preciso delle vittime.
Il 6 febbraio alle 6,10 del mattino con il marconigramma n. 339 proveniente dalla Prefettura di Torino e indirizzato al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Torino, giunge la disposizione ministeriale di raggiungere immediatamente il Comando VVF di Milano, per ricongiungersi con gli altri colleghi italiani destinati a comporre il Corpo di Spedizione dei Vigili del Fuoco italiani destinato a dare man forte ai colleghi olandesi.
L’ordine di mobilitazione giunse il giorno precedente tramite telegramma del Ministero dell’Interno. Lo stesso fissò il contributo in uomini e mezzi che Torino dovette predisporre per la missione.
Un Ufficiale, tre Sottoufficiali e undici Vigili era la forza della squadra dei soccorritori che avrebbero dovuto muoversi con un mezzo anfibio e alcuni automezzi adibiti al trasporto degli uomini, delle imbarcazioni leggere e delle attrezzature pompieristiche.
Questi gli uomini del Comando di Torino inviati nelle zone operative: ing. Elifani Giacomo, Rubino Giuseppe, Scrigna 2° Domenico, Odasso Pietro, Alessiato Vittorio, Aimonetto Pietro, Dadone Pietro, Nadalin Mario, Da Rold Samuele, Scrigna 3° Carlo, Versino Aristide, Racca Giuseppe, Vacchetta Alberto, Machetti Fulvio, Visconti Renato.
Il Brigadiere Domenico Scrigna ebbe il compito di fotografo ufficiale della missione italiana.
Le altre forze in campo furono:
Direzione Generale Servizi Antincendi: Comandante Ing. Carlo Malagamba – V.Brig. Guido Gallina – V.Brig. Gaspare Naldini – Vig. Antonio Moscarda – Vig. Vittorio Petrone – Vig. Crescenzio Russo.
1° Corpo VV.F. Roma: Ufficiale Geom. Serafino Pagnoni – Brig. Francesco Udovini – V.Brig. Federico D’andrea – V.Brig. Alessandro Croce – V.Brig. Ercole Soccorsi – Vig. Angelo Tacci – Vig. Osvaldo Prosperi – Vig. Giovanni Marpi – Vig. Luigi Di Giulio – Vig. Gastone De Stefani – Vig. Giuseppe Leoni – Vig. Orlando Bianconi – Vig. Amedeo Di Giorgio – Vig. Ezio Moggiani.
2° Corpo VV.F. Alessandria: Vig. Felice Iustich – Vig. Gino Pavesi – Vig. Paolo Lagazzi – Vig. Vincenzo Rossi – Vig. Giovanni Viotti.
3° Corpo VV.F. Ancona: Vig. Elso Tonnarelli – Vig. Argeo Mercanti – Vig. Elio Bracconi – Vig. Daniele Fulgeri – Vig. Evaristo Bettelli.
14° Corpo VV.F. Bologna: V.Brig. Vado Proni – Vig. Sc. Alberto Marchi – Vig. Mario Pirazzoli – Vig. Mario Eusticelli – Vig. Callisto Giovagnoni – Vig. Eugenio Nuvoli.
15° Corpo VV.F. Bolzano: V.Brig. Francesco Bragagna – Vig. Guglielmo Devilla – Vig. Bruno Filippi – Vig. Giovanni Piecher.
16° Corpo VV.F. Brescia: Vig. Giuseppe Ardoini – Vig. Antonio Zavaglio – Vig. Ennio Prandelli – Vig. Franco Bonzio.
30° Corpo VV.F. Ferrara: Vig. Sc. Anacleto Mangolini – Vig. Florindo Faccini – Vig. Sc. Gino Ferraresi – Vig. Carlo Finetti – Vig. Armando Rimondi.
36° Corpo VV.F. Genova: V.Brig. Antonio Serra – Vig. Ermenegildo Venzini – Vig. Carlo Brunella – Vig. Vittorio Fossa – Vig. G. Battista Gaggero – Vig. Giacomo Damuggia – Vig. Sebastiano Russo – Vig. Carlo Giacchetta – Vig. Marcello Righetti – Vig. Vincenzo Gazzolo – Vig. Luigi Giubergia.
52° Corpo VV.F. Milano: Mar.llo Virgilio Malinverno – V.Brig. Luigi Molteni – V.Brig. Carlo Ripamonti – V.Brig. Aldo Vacchini – V.Brig. Aurelio Seveso – Vig. Ugo Maltoni – Vig. Angelo Carpani – Vig. Amedeo Pagliarini – Vig. Guglielmo Fagnani – Vig. Alberto Giusta – Vig. Luigi Dall’armi – Brig. Felice Carrara.
54° Corpo VV.F. Napoli: Vig. Antonio Esposito.
55° Corpo VV.F. Novara: Brig. Giuseppe Bernarsconi – Brig. Agostino Martinelli – Vig. Sc. Carlo Barassi – Vig. Sc. Antonio Del Grande – Vig. Franco Angelini – Vig. Angelo Rampezzotti – Vig. Luigi Stancalini – Vig. Dante Carretti – Vig. Franco Barassi – Vig. Celestino Redo.
57° Corpo VV.F. Padova: Brig. Vittorio Manganello – V.Brig. Giovanni Baccin – Cig. Sc. Italo Rossetto – Vig. Elio Tisato – Vig. Giovanni Modesti – Vig. Angelo Degan – Vig. Giovanni Camporese – Vig. Luigi Favaro – Vig. Ferruccio Lazzarin – Vig. Franco Rossi.
60° Corpo VVF. Pavia: V.Brig. Basilio Dell’acqua – Vig. Sc. Ferdinando Losio – Vig. Sc. Guido Palasi – Vig. Pierino Molinari – Vig. Osirio Cerilli – Vig. Luciano Zanoni – Vig. Umberto Barbieri.
64° Corpo VV.F. Piacenza: Giuseppe Bernardi – Vig. Luviano Schiavi – Vig. Lino Bernardi – Vig. Sergio Gastaldi.
71° Corpo VV.F. Reggio Emilia: Vig. Ido Menozzi – Vig. Renzo Maccari – Vig. Mario Stradelli – Vig. Giuseppe Pasqua.
80° Corpo VV.F. Sondrio: V.Brig. Giovanni Cappellaro – Vig. Andrea Bordoni – Vig. Nicola Vattavuk – Vig. Carlo Reganzani.
86° Corpo VV.F. Treviso: Vig. Antonio Piovesan – Vig. Giorgio Bergamini – Vig. Giuseppe Bergamo – Vig. Mario Menegoni – Vig. Angelo Barbon.
89° Corpo VV.F. Venezia: V.Brig. Umberto Caprioli – Vig. Bruno Jurig – Vig. Filippo Fogli – Vig. Luigi Penso – Vig. Germano Fontanella – Vig. Vittorio Visinoni – Vig. Amedeo Mazzucato.
91° Corpo VV.F. Verona: Brig. Vito Monesini – Vig. Renato Brancaleoni – Vig. Dino Zovi – Vig. Otello Brunetto – Vig. Bruno Venturelli.
92° Corpo VV.F. Vicenza: V.Brig. Alfio Bernardi – Vig. Natale Rampazzo – Vig. Nereo Cosma – Vig. Dino Cernaz – Vig. Celestino Busolo.
Aggregati: Sig. Mario Pontello, Radio Tecnico – Sig. Emilio Veronelli, Operaio specializzato riparazione anfibi – Sig. Armando Zanninello, Ferroviere – Sig. Gino PUPPI, Ferroviere.
L’invio del contingente italiano: 154 uomini, insieme a quello di altri Paesi europei, fu di grande importanza per due aspetti fondamentali. Il primo, sicuramente fondamentale, fu quello di aver portato un grande aiuto all’opera immane del soccorso alla popolazione olandese. Il secondo, straordinario e importante per il periodo, fu quello di aver stabilito il principio dell’interscambio e della cooperazione. In un’Europa da pochi anni uscita dalle devastazioni della guerra quello il primo riuscitissimo esempio di difesa civile congiunta sul piano internazionale.
Così commentava la spedizione l’articolo apparso su L’Antincendio, la rivista mensile edita dal Servizio Antincendio e Protezione Civile del Febbraio 1953: «Dopo 42 ore di viaggio, l’undici febbraio il Corpo di spedizione dei Vigili del Fuoco italiani, giungeva sul posto: a Zevembergen di fronte all’isola di Tholen. Il mare del Nord aveva frantumato per lunghi tratti dighe possenti, che il lavoro di molte generazioni aveva elevato a difesa della terra. La laboriosa vallata, la più ricca del Brabante, era devastata, squassata, spazzata da un gelido vento. Due dighe la proteggevano: la “vecchia diga del mare” e la “nuova diga del mare”. Su questo fronte dell’invasione del mare e dell’offensiva del disastro i Vigili del Fuoco italiani stabilirono la loro sede di attività e posero mano alle opere di difesa e di soccorso. La cronaca di questo il Corpo di spedizione dei VV.F. ha compiuto durante i 34 giorni del suo soggiorno in Olanda, non è facile né può essere riassunta se non dalla scarna eloquenza delle cifre. E le cifre, quelle conclusive del bilancio complessivo, sono: 850 mc. di terra trasportata per tamponare le falle delle dighe; 3.500 km. di binari per deacuville montati (porzioni prefabbricate di binari a scartamento ridotto che possono essere montati e smontati velocemente per il trasporto di minerali, legno, terra e altri materiali N.d.A.); 36.000 Km. di strade percorse lungo il fronte dell’inondazione olandese con gli automezzi propri del reparto portati dall’Italia; 25.000 ore lavorative dedicate dai 154 componenti il reparto all’azione di soccorso e ai lavori di difesa; un milione e mezzo di fiorini di valore dei materiali e dei beni ricuperati senza contare il valore dei beni salvati; 25 ore di immersione da parte dei sommozzatori.
Circa il lavoro svolto dai nostri Vigili, va sottolineato quanto segue: Il giorno 16 febbraio corrispondente ad un nuovo periodo di alta marea, tutti i reparti stranieri si sono ritirati; se la giornata fosse stata ventosa il disastro si sarebbe, con ogni probabilità, ripetuto; la ragione di assumere posizioni più arretrate era tecnicamente giustificata; gli italiani, però, che non sanno scindere il sentimento dal puro ragionamento, sono rimasti nel loro accampamento, a 20 mt. Dalla zona allagata, perché la popolazione era rimasta al suo posto e non era evacuata; in caso di forzata ritirata i Vigili del Fuoco italiani avrebbero costituito la retroguardia della popolazione e non si sarebbero ritirati, a costo di qualsiasi sacrificio, di un solo metro, fino a quando non avessero avuto la certezza che dietro di loro non era rimasto nessuno.
Gli italiani in Olanda, particolarmente dalla popolazione in genere, non erano ben conosciuti. Il soggiorno dei nostri Vigili del Fuoco, le loro molteplici capacità lavorative, la resistenza al lavoro, l’intelligenza, il contegno corretto e disciplinato sia sul lavoro che altrove è valso a dissipare talune diffidenze dei primi giorni e a stabilire, una grande fiducia in loro e nelle loro qualità di uomini di forte volontà unita alla gentilezza dell’animo».
Un giovanissimo Sandro Paternostro, divenuta poi una figura mitica di corrispondente RAI da Londra, seguì la missione italiana commentando per le colonne de “Il Tempo”, il lavoro svolto dagli italiani: «Il tratto di diga affidato alle cure degl’italiani sarà riparato tra due o tre giorni al massimo. La pattuglia dei “sommozzatori” ha avuto ieri e oggi un gran da fare. Essa è composta da quattro Vigili del Fuoco addestrati secondo gli stessi criteri che informarono, in tempo di guerra, l’allenamento dei “sommozzatori” della Marina. Ciascuno dei quattro “sommozzatori” dispone di uno speciale copricapo che lo fa rassomigliare vagamente ad un palombaro rivestito del suo tradizionale scafandro sino alla base del collo. |…| Insomma il “sommozzatore” è come un pesce. |…| la pattuglia ha affrontato un macabro e difficile compito nelle scorse 48 ore. I quattro nuotando sott’acqua, sono entrati all’interno di una casa ad un piano, sommersa, per ricuperare le salme di una famiglia di cinque persone affogate una diecina di giorni fa».
Nella popolazione di Zevenbergen questo ed altri pietosi episodi, come quello del recupero di un bimbo morto che aveva tra le braccine ancora il suo cagnolino di pezza, destarono grande clamore ed ammirazione per i vigili italiani che si guadagnarono sul campo l’ammirazione e la gratitudine degli olandesi.
Già dal giorno seguente al loro arrivo, i pompieri italiani seppero farsi apprezzare per l’impegno avuto. Il Principe Bernardo, consorte della Regina Giuliana d’Olanda, mentre sorvolava il territorio martoriato, notò un gruppo di una cinquantina uomini intenti a lavorare sui tronconi di una diga tra la tormenta della neve, a circa -15°. Sceso dall’elicottero volle stringere la mano a quegli uomini coperti da sole casacche di tela nera cerata. Quegli uomini con conoscevano l’inglese, ma seppero farsi capire ugualmente con uno stile tutto italiano. Erano i pompieri italiani, gli unici al lavoro in quella zona a cui erano stati destinati anche i soldati olandesi e statunitensi.
Al momento di ripartire per l’Italia, alla conclusione delle operazioni, fu grande la festa che la comunità olandese volle organizzare per l’addio dei pompieri.
A rientro in patria l’ing. Carlo Malagamba, capo della missione italiana, concluse la sua lunga e appassionante relazione di intervento con queste accorate parole: «Non potrei meglio concludere sottolineando, come ho già avuto occasione di scrivere in altra sede, che se il lavoro degli italiani, in mezzo alle più aspre insidie, è stato compiuto senza il minimo incidente lo si deve all’aiuto della Provvidenza; ma se si vuol dare umanamente una spiegazione di ciò, se ne deve ricercare l’origine soprattutto nella intima ed indissolubile fiducia che si è stabilita, a 1500 km. dalla madre Patria, tra Ufficiali, Sottufficiali e Vigili ai quali rinnovo, anche da queste righe, il mio grazie ed il mio più affettuoso e memore saluto».