10 febbraio 1958
Il tragico crollo del "Palazzo Angelone" a Foggia
di Michele Sforza
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Io sono nato in vicolo Aquila, in un alloggio del Palazzo Angelone, a ridosso della zona più antica della città di Foggia, proprio a due passi dalla Porta Arpana.
Nel vicolo Aquila un tempo si trovavano le scuderie di Federico II, chiamate “stalla dell'Aquila grande”, sicuramente in riferimento al simbolo dell’Imperatore. Il Palazzo Angelone, databile al XV secolo, un tempo dimora di una ricca famiglia di origini abruzzesi, sorgeva proprio sull’area della stalla. Il palazzo venne seriamente danneggiato durante i bombardamenti dell’estate del 1943, poi sgomberato poiché diventato inagibile. Ma nonostante l’inabitabilità, a causa di una forte mancanza di alloggi, dal dopoguerra il palazzo tornò ad essere rifugio per alcune famiglie bisognose di un tetto, tra le quali la mia. Abitavamo al secondo piano e i balconi non avevano più le ringhiere, che furono sostituite da precari paraventi di recupero dalle vicine case bombardate, come vecchie porte che vennero legate al muro con del fil di ferro. Di notte si sentivano strani e paurosi scricchiolii e allora i miei, preoccupati e fortemente impauriti decisero di cercare altrove una casa. Per la mia famiglia non poteva più essere un sicuro rifugio ove abitarci. Appena in tempo perché pochi mesi dopo, nella notte del 10 febbraio 1958, con un boato pauroso l’edificio schiantò al suolo trascinando con sé le vite di nove persone. Una tragedia annunciata. Gli amministratori comunali per anni sottovalutarono il problema e volsero lo sguardo altrove, ignorando il rischio di un possibile crollo. Tra le vittime ben quattro giovani vite: il più piccolo di undici mesi, il più grande di quindici anni. Questo l’articolo che apparve sulla prima pagina de l’Unità, firmato dall’inviato Giacinto Di Leo: «Il palazzo Angeloni era vecchio come tutte le altre case del quartiere. Venne costruito nel secolo XIII da Federico II, ed adibito a carcere. Più tardi fu trasformato in grande forno, ove confluivano, sino alla fine del secolo scorso, con la mena delle pecore, i pastori abruzzesi a far provvista di pane. Nel luglio del 1943. una bomba fece saltare un'ala del fabbricato; i terremoti di questi ultimi anni hanno fatto il resto. Vivere tra queste mura marcite, mancanti dei più elementari servizi igienici, in condizioni tremende di promiscuità, era da tempo un incubo per tutti gli abitanti; i quali tuttavia non avevano altra alternativa. |...| Del pericolo incombente sono consapevoli tutti, nel rione. In mattinata, mentre si estraevano i corpi, decine e decine di donne che abitano alla Maddalena, nell’ex caserma della Bruna, e via di seguito, premevano contro gli agenti e gridavano: “Così, come dei topi, dobbiamo morire noi poveretti!”». Del palazzo oggi non rimane più niente se non qualche fotografia, dei ricordi tragici, ormai solo negli anziani e il ricco portale custodito nel lapidario del Museo Civico, a due passi. |