29 maggio 1985
La tragedia dello stadio Heysel
di Nereo Ferlat*
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Ebbene sì. Siamo giunti in finale! Con fatica ma ce l’abbiamo fatta.
E che parate Bodini in quel di Bordeaux. Ora ci aspetta la finale con il Liverpool, la più difficile. Con i Reds che l’altr’anno all’Olimpico di Roma hanno alzato al cielo la Coppa e quest’anno vorrebbero fare altrettanto contro di noi. Ma noi siamo pronti ad impedirglielo. Man mano che il giorno fatidico si avvicina fervono i preparativi. La finale si disputerà a Bruxelles allo stadio Heysel, il prossimo 29 maggio. La sera del 28 si parte da Piazza Castello. Sedici pullman che scorteranno la Signora fino in Belgio senza contare chi con aerei o altri mezzi è già giunto nella capitale belga. Carichi a palla si va verso il Brabante. Non si dorme o quasi e l’alba ci trova in quel di Parigi in mezzo ai francesi in tangenziale che vanno al lavoro. Si procede a spizzichi fino al bivio che indica “Autoroute 6 suivre Belge”. Dopo una sosta per colazione in mezzo alle colline francesi quasi al confine con il Belgio, si imbocca l’A1 direzione Bruxelles. Si esce ad Anderlecht e con difficoltà (non un cartello che indichi lo stadio e nessun cartello che faccia riferimento alla partita della serata). Dopo un po’ finalmente si scorgono le palle dell’Atomium e accanto si palesa l’Heysel. Parcheggiati i pullman, l’attesa per la partita si poteva ingannare andando verso il centro, sperando di non fare incontri ravvicinati con i tifosi inglesi. Anzi ci si è scambiati anche sciarpe e gagliardetti. Lo stadio Heysel sorge nel Parco RE Baldovino, a nord della città. Le ore che precedono l’incontro scorrono via lisce. L’incendio covava ancora sotto la cenere… Arrivano le ore 19 ed assieme ad un amico mi avvio verso lo stadio. Per entrare nella curva Z, dove avevamo i biglietti, si passava accanto a quella riservata agli inglesi e bontà nostra si vedeva che questi figli di albione si rifornivano di “munizioni di ogni tipo” da un cantiere lì vicino. Speriamo bene, dicevo tra me, sapendo già di che cosa erano capaci questi quando sono abbacinati dall’alcool e si trovano in gruppo. Per entrare in curva Z, si passava tutti da una piccola porticina, dove i cerberi controllori sequestravano agli ignari tifosi le aste delle bandiere! Io ed il mio amico siamo stati divisi e per nostra fortuna ci saremmo poi ritrovati dopo la partita(?) ai pullman. Nel calpestare le gradinate si vedevano mattoni scrostati e sanpietrini già staccati che si sarebbero potuti usare contro gli avversari. Che delusione! Uno stadio con grandi pecche indegno di ospitare una finale così importante. La curva Z era occupata da famiglie e da tifosi tranquilli e ho scorto più in basso due tifosi venuti dal veneto che avevano viaggiato sul nostro pullman. Mi sono avvicinato a loro scambiando due parole. Si stava giocando intanto una partitella tra due formazioni giovanili belghe. Ad un tratto un grosso rumore e delle urla mi fanno alzare lo sguardo: stavano entrando i giocatori per salutare i tifosi e per tastare poi il terreno di gioco. Sotto di me la squadra del Liverpool e quell’ingresso ha ancora di più eccitato gli hooligans della curva accanto. La curva Z era stata divisa in due parti e solo una rete per polli faceva da divisore con sei poliziotti o meglio dire gendarmi alla guardia della stessa per evitare contatti tra le due tifoserie. L’esplosione del tifo d’oltre manica all’improvviso è sfociata ed un razzo sparato verso di noi ad altezza d’uomo ha provocato panico tra le persone che non erano di certo preparate alla guerriglia ed hanno cominciato a fuggire da tutte le parti ammassandosi in pochi metri quadrati. Gente che ha cercato di andare verso l’alto ma veniva respinta da chi stava entrando; chi poi cercava di entrare in campo veniva manganellato dai solerti gendarmi che non capivano che una via di fuga era quella, poi a lato della curva c’era un muretto e sotto un chiosco. Chi si è buttato giù da lì si è salvato. Io mi sono trovato schiacciato ed in quella posizione, lì avrò avuto si e no mezzo minuto di vita. Ho salutato mentalmente i miei cari ed ho invocato Padre Pio perché mi salvasse. C’è stata all’improvviso una spinta e mi sono trovato catapultato in alto come un tappo di champagne. Mi sono aggrappato alle teste di chi era sotto di me e quando è crollato il muretto e l’inferriata che davano verso il campo, calpestando persone purtroppo a terra, sono riuscito ad arrivare sul prato sano e salvo! Lì c’era una crocerossina e ho fatto segno che avevo sete e mi ha dato la sua borraccia. Cosi sono riuscito a riprendermi. Intanto a mo’ di azioni congeniate di tipo militare, gli inglesi attaccavano, colpivano e si ritiravano per poi colpire di nuovo, attaccare e conquistare altro terreno. In quella situazione che si era creata, sono andato verso la tribuna per cercare di farmi vedere da casa (a quel tempo non c’erano ancora i telefonini). Sono riuscito a parlare per radio (ancora non sapevo che la Rai mi aveva inquadrato mentre uscivo da quella curva) e dando il mio numero di telefono, avevo chiesto di avvisare mia moglie che non stesse in pensiero. Beh, tutta la notte sono arrivati a lei messaggi di chi aveva ascoltato il mio appello. Man mano che passavano i minuti arrivavano in tribuna stampa sempre più notizie tragiche, anche se per pudore non filtravano al di fuori, almeno per il momento. Io ero come in trance e della partita quella sera non ricordo niente o quasi, poi a casa ho potuto vederla e farmi un’idea di come era andata, del perché si era giocata. Nonostante la tragedia appena avvenuta, l’incontro era stato combattuto con il nostro portiere migliore in campo. Chi stigmatizza i caroselli in città per la vittoria, non pensa che se avessero vinto gli inglesi, altri avrebbero festeggiato lo stesso? Arrivato poi al pullman ho saputo che un nostro compagno era rimasto là, uno dei 38 a quel momento (il 39 sarebbe morto dopo circa due mesi). Il viaggio di ritorno fu mesto e all’arrivo a Torino nella stessa piazza da dove eravamo partiti pieni di speranza ed entusiasmo, sembrava di essere tornati dal fronte a brandelli ma ancora vivi! Le sere successive, a letto, sentivo ancora le persone sopra di me, lo schiacciamento, le urla di quella sera; così una notte mi sono messo a scrivere (per scaricare questi incubi (?) tutto ciò che avevo vissuto, dalla partenza al nostro arrivo a Bruxelles, dalla giornata vissuta, dall’arrivo allo stadio, dalla tragedia, dal ritorno a casa ed ho raccolto queste mie memorie nel libro “L’Ultima Curva”, corredato anche dalle testimonianze di chi era in Belgio e di chi ha vissuto questa tragedia da casa. * Sopravvissuto alla tragedia |