15 aprile 2019
L'incendio della Cattedrale di Notre Dame
L’incendio e la ricostruzione di Notre Dame
Carlo Blasi*
L’incendio
Le immagini dell’incendio della Cattedrale di Notre Dame, che tutti abbiamo visto in televisione, sembravano quelle di un film di fantascienza, in quanto inimmaginabili dal vero.
Come poteva essere possibile che si sviluppasse un incendio di tali dimensioni in uno dei monumenti più famosi e più controllati del mondo?
Incredibile è stato anche come l’incendio si sia sviluppato, senza che potesse essere arrestato dai vigili del fuoco, fino alla completa combustione di tutte le strutture lignee delle coperture e della guglia, ugualmente di legno, alta oltre 90 metri.
I vigili del fuoco, con enormi rischi, sono riusciti a salvare tutti i tesori contenuti nella cattedrale e sono riusciti ad evitare che le fiamme aggredissero le travi dei due befroi: le grandi strutture lignee che sostengono le campane, all’interno delle due torri della facciata.
Se le strutture interamente di legno dei befroi avessero preso fuoco, sarebbero cadute le grosse campane, ma soprattutto, sarebbero crollate le torri e, con ogni probabilità, tutta la facciata e buona parte della chiesa.
In realtà la vera battaglia, determinante per la salvezza delle strutture murarie di Notre Dame, che i vigili hanno vinto, considerate ormai perse le coperture di legno, si è svolta proprio nella torre nord della facciata dove sono riusciti a spengere in fuoco che già aveva aggredito la base del befroi. L’immagini delle grosse strutture lignee superficialmente carbonizzate (figura 1.) fornisce un’immagine chiara del pericolo scampato.
La “lotta” si è svolta all’interno del vano mostrato nella figura, ma bisogna considerare, per comprendere la difficoltà dell’operazione, che dietro le travi che si vedono carbonizzate, ardeva l’intera navata e che i pompieri erano sottovento, ovvero con le fiamme e il calore che venivano loro addosso.
Le cause dell’incendio non sono state accertate; certamente è iniziato dalla guglia, dove era presente un impianto elettrico. Può darsi che un cortocircuito, in un ambiente asciutto e con legni secchi, abbia innescato la prima scintilla dalla quale si è poi sviluppato l’incendio.
Il sistema di monitoraggio sembra aver funzionato, ma in un primo momento è sembrato un falso allarme, e quando l’incendio è stato accertato era ormai troppo tardi per fermarlo.
Si è parlato anche del fatto che erano in corso dei lavori e che era in costruzione un grande ponteggio per il restauro della guglia; ciò ha fatto pensare ad una connessione tra i lavori e l’incendio, come avvenuto per altri incendi sviluppatisi in cantieri in Italia (quello de La Fenice e quello della Cappella della Sacra Sindone ad esempio), ma al momento dell’incendio il cantiere era chiuso e non erano in atto lavorazioni a caldo in quanto era ancora in corso la sola costruzione del ponteggio.
Ciò che ha lasciato sgomenti è la rapidità con la quale si è sviluppato l’incendio e le dimensioni delle fiamme che si alzavano verso il cielo; i getti d’acqua dei vigili sembravano semplici zampilli a fronte di una eruzione vulcanica.
Un intervento di spegnimento più violento, ad esempio dall’alto con elicotteri, anche se possibile e da alcuni ipotizzato, avrebbe comportato, con ogni probabilità, rischi ancora maggiori per la Cattedrale.
In ogni caso, l’evento impossibile è accaduto e questo deve fare riflettere sui presidi di prevenzione, che, quando vengono progettati e realizzati, possono talvolta apparire come eccessivi.
I danni
Il fuoco ha completamente distrutto tutta la carpenteria lignea del tetto e della guglia: tutte le coperture sono pertanto andate perdute.
Le volte hanno resistito al fuoco, ma il crollo della guglia ha travolto la crociera centrale, una parte della volta della navata e una porzione della volta del transetto nord, che non hanno retto l’urto tremendo.
Il fuoco nel sottotetto ha aggredito direttamente le superfici interne di tutti i muri perimetrali (muri gouttereaux) sopra le volte e, in particolare, le pietre e i rosoni delle due testate dei transetti nord e sud (muri pignons).
È noto come le pietre sotto l’azione diretta delle fiamme si spacchino con espulsioni superficiali di frammenti, partendo dagli spigoli che, per primi si scaldano e quindi si frantumano e si distaccano.
Le pietre aggredite dal fuoco acquisiscono pertanto una caratteristica forma tondeggiante come delle cipolle con vari strati di distacco.
Nelle navate, protette dalle volte, il fuoco non ha prodotto danni diretti, esclusa le basi di due colonne della navata aggredite dalle fiamme del legname caduto dal tetto, ma le macerie delle volte crollate hanno travolto tutti gli arredi sottostanti e, soprattutto, il nerofumo ha coperto buona parte delle superfici interne della cattedrale
Il ponteggio fuso
I maggiori problemi che si sono posti subito dopo l’incendio sono stati quelli della stabilità dell’enorme ponteggio montato sopra le terrazze laterali per il restauro della guglia e delle modalità per il suo smontaggio (figura 6.)
Il ponteggio, infatti, risultava, dopo l’incendio, in parte semi-fuso, con molti elementi fortemente deformati e con l’assetto generale modificato e precario. Non solo, ma non era possibile fare un calcolo affidabile della sua stabilità, e si poneva anche il problema di come smontarlo, in quanto non era certamente possibile salire sul ponteggio e smontare i nodi fusi.
L’intervento di smontaggio è durato molti mesi ed è avvenuto con gli operai sospesi, che hanno tagliato a pezzi il ponteggio, ma ciò solo dopo un rinforzo globale ottenuto aggiungendo nuove travi e cerchiature, ugualmente applicate in opera con il personale sospeso o in precario equilibrio. Una operazione il cui termine è stato festeggiato con un brindisi di sollievo nel dicembre 2020.
La pulizia della navata e delle volte
Dato che la stabilità delle volte non poteva essere garantita a causa della presenza di numerosi blocchi in precario equilibrio, la pulizia della navata centrale dalle macerie delle volte e la pulizia dell’estradosso delle volte dai legni carbonizzati ha richiesto particolari precauzioni.
Fortunatamente le volte hanno subito, in genere, danni limitati probabilmente anche grazie alla cappa di gesso di pochi centimetri che, comunque, ha svolto un ruolo protettivo.
La rimozione delle macerie è avvenuta mediante macchinari-robot che hanno prelevato tutte le macerie.
Sopra le volte la pulizia è avvenuta con operai sospesi a cestelli o a strutture di copertura che hanno imbracato tutti gli elementi lignei e che poi hanno pulito le superfici con aspiratori.
Il piombo
Un elemento che ha condizionato i lavori e che ancora crea grossi disagi agli operatori è stato la presenza di polveri di piombo in quantità pericolosa.
Il manto di copertura dei tetti era interamente costituito da lastre di piombo che si sono liquefatte; il risultato è stato duplice: la presenza di colate e fontane di piombo sulle murature e la diffusione di una notevole quantità di polvere di piombo depositatesi sulle vaie superfici della cattedrale che è apparsa subito elevata e superiore ai massimi ammessi per la salute.
Per verità bisogna dire che la presenza di polveri di piombo in quantità notevoli è frequente nelle città a causa del traffico e spesso queste polveri si depositano sulle superfici degli edifici, per cui non è raro trovare nei cantieri edili livelli di polveri superiori a quelli ammessi.
Nel cantiere di Notre Dame il livello delle polveri ha imposto severe misure di sicurezza: tute, caschi, guanti, maschere, completo ricambio del vestiario e docce all’uscita dalle zone di lavoro.
Soprattutto nel periodo estivo, con il caldo, molte lavorazioni si sono svolte veramente con grandi difficoltà, a causa del vestiario imposto e delle maschere, e solo grazie allo spirito di sacrificio e alla disponibilità degli operai è stato possibile realizzarle.
La sensazione di operare per uno scopo superiore a quello della semplice esecuzione di opere murarie si è diffuso in modo tangibile tra tutti coloro che si sono trovati ad operare nel cantiere.
Il gruppo di progettazione e l’amministrazione responsabile
La creazione di un gruppo di tecnici (architetti, ingegneri, amministratori) che potesse operare in modo qualificato e coordinato è stata effettuata in modo rapido, scegliendo in modo diretto le persone reputate più qualificate.
Intorno all’architetto capo di Notre Dame Philippe Villeneuve, ACMH (acronimo di Architecte en Chef des Monuments Historiques) si sono ritrovati Rémi Fromont e Pascal Prunet (entrambi ACMH) a formare un gruppo di progettazione e direzione dei lavori (MOE, acronimo di Maitrise d’Œuvre), che per gli aspetti strutturali ha cooptato un giovane ingegnere esperto di strutture storiche, Mathias Fantin, e il sottoscritto, forse par l’esperienza di interventi di analisi strutturale di edifici storici maturata anche in Francia (sul Pantheon di Parigi) con il Ministero della Cultura, che già il primo di maggio del 2019 era sul posto.
Da notare che pochi anni prima dell’incendio l’architetto Rémi Fromont aveva effettuato un rigorosissimo rilievo di tutta la carpenteria lignea del tetto, per cui la sua presenza è risultata indispensabile. Il gruppo, così formato, è stato rapidamente incaricato dal Ministero della Cultura.
La definizione della Direzione Amministrativa (quello che da noi sarebbe il RUP e che il Francia è la MOA, Maîtrise d’Ouvrage) è stata opera che ha presentato maggiori difficoltà.
In un primo momento il ruolo di responsabile del procedimento è stato affidato a funzionari del Ministero della cultura (con una qualche corrispondenza con una nostra Soprintendenza di zona), ma le difficoltà di un simile cantiere e gli importi eccezionali degli appalti, in alcuni casi affidati con procedura d’urgenza per ovvie ragioni, si sono presto dimostrate eccessive per funzionari abituati a gestire cantieri “normali”.
Il Presidente della Repubblica ha pertanto rapidamente creato un ente specifico, un Établissement Publique, con persone esperte in gestioni amministrative consistenti, con a capo il generale Jean-Louis Georgelin.
Forse è possibile fare un parallelo con quanto è avvenuto da noi, dove la gestione logistica della lotta alla pandemia è stata ugualmente affidata ad un generale, constatate le difficoltà a svolgere tale ruolo da parte di persone prive di un’adeguata esperienza organizzativa. I risultati sono stati indubbiamente positivi.
La stabilità della cattedrale
A minacciare la stabilità della cattedrale dopo l’incendio non c’era solo la presenza del grande ponteggio semi-fuso, ma anche l’equilibrio precario creatosi con il crollo di parte delle volte.
Nelle cattedrali gotiche, infatti, ogni elemento costruttivo ha un suo ruolo preciso nell’equilibrio complessivo: in particolare la spinta delle volte è bilanciata dalla spinta degli archi rampanti.
Crollate alcune parti delle volte, la spinta degli archi rampanti verso l’interno è risultata non contrastata.
In realtà le strutture spesso si adattano e trovano nuovi equilibri, ma per avere la massima sicurezza e poter lavorare sicuri, uno dei primi interventi che è stato realizzato è stata la posa di centine di legno sotto tutti gli archi rampanti come mostra la figura 11: una operazione estremamente delicata e rischiosa.
Per valutare la stabilità delle volte danneggiate e le possibilità di riproporle come erano prima dell’incendio, sono stati realizzati vari modelli di calcolo, sia parziali che globali, che hanno messo in evidenza come le strutture storiche della cattedrale siano state realizzate all’epoca della costruzione con dimensionamenti perfetti in rapporto alle sollecitazioni che ogni elemento strutturale avrebbe dovuto sopportare.
Pur senza elaboratori elettronici i nostri colleghi medievali sono riusciti a raggiungere le massime prestazioni possibili dai materiali a loro disposizione e ciò grazie ad una magistrale conoscenza dovuta ad esperienze millenarie trasmesse: una conoscenza di tipo empirico, ovvero basata sull’esperienza maturata nei secoli. Noi dovremmo attentamente rivalutare tali conoscenze, anche perché non riusciamo ancora con i nostri computer a modellare adeguatamente (soprattutto in campo sismico) comportamenti meccanici complessi di opere artigianali e raggiungere la stessa precisione nel dimensionamento delle loro realizzazioni raggiunta dai costruttori delle grandi cattedrali.
Interventi di messa in sicurezza e di protezione
Una volta terminate le operazioni di pulizia dalle macerie e di smontaggio del ponteggio pericolante si è potuto procedere con la costruzione di ponteggi interni e con la posa in opera delle centine di sostegno degli arconi e delle volte in modo da mettere in completa sicurezza tutta la cattedrale e poter procedere alle ricostruzioni e ai restauri.
Per la ricostruzione della guglia è stato progettato ed è in corso di realizzazione un ponteggio di oltre 90 metri ed è stata predisposta una gru di oltre 100 metri.
Le immagini forniscono una idea della situazione attuale che è ormai pronta per procedere con le ricostruzioni.
La ricostruzione delle volte
Entro breve inizierà la ricostruzione delle volte, che sarà eseguita, per quanto possibile, recuperando elementi lapidei originari non danneggiati, integrati con elementi nuovi della stessa forma.
La geometria delle volte da ricostruire è stata definita in modo che, dopo le prevedibili deformazioni fisiologiche dovute al ritiro delle malte, alle deformazioni meccaniche e a quelle dovute al prevedibile fluage della muratura, venga riprodotta la forma che le volte avevano prima dell’incendio, già rilevata con laser-scanner.
La scelta era praticamente obbligata dovendo raccordare le nuove volte a quelle antiche.
Data la presenza di danneggiamenti all’estradosso delle pietre delle volte rimaste, il progetto di ricostruzione prevede, dopo la pulizia e l’eventuale posa di imperniature con perni di fibra di vetro di parti fratturate, la stesa di una cappa di tre centimetri di malta fibrorinforzata quale consolidamento distribuito.
Sopra tale cappa sarà steso uno strato di gesso di circa 3 centimetri, come era prima dell’incendio, che, oltre a fornire lo stesso aspetto antecedente, costituirà una difesa da eventuali futuri incendi.
La ricostruzione del tetto e della guglia
Molto si è scritto su come si sarebbero dovute ricostruire le parti crollate e, in un primo momento, è stato anche ipotizzato un “concorso d’idee”, ma, dopo un ragionevole ripensamento e dopo aver accuratamente esaminato le varie possibilità, la specificità della situazione e dei documenti disponibili, il Ministero della Cultura ha deciso di procedere con una ricostruzione, per quanto possibile, “à l’identique”.
La particolarità della cattedrale di Notre Dame è infatti quella di disporre del progetto originario di Violet Le-Duc del tetto ricostruito nel XIX secolo e della guglia, compreso il giornale dei lavori, e di avere anche un rilievo accurato di tutta la carpenteria lignea delle coperture prima dell’incendio, realizzato dall’architetto Rémi Fromont pochi anni prima.
Inoltre, i calcoli effettuati per la verifica delle strutture lignee dall’ingegnere Mathias Fantin hanno dimostrato come sia le strutture lignee medievali, sia quelle ottocentesche fossero dimensionate in modo da garantire la stabilità anche applicando le norme di sicurezza attuali.
Il fatto è notevole, in quanto, in genere, le strutture lignee storiche risultano per lo più insufficienti rispetto ai criteri di sicurezza attuali. Negli interventi di consolidamento o ricostruzione spesso si pone il dilemma di realizzare le nuove strutture come erano, con carenze di sicurezza rispetto alle norme, o realizzare strutture di dimensioni visibilmente più grosse di quelle originarie, con risultati estetici sgradevoli rispetto alle visioni usuali degli edifici storici.
Nel caso di Notre Dam, avendo un progetto realizzato e verificato sia dal tempo che dai calcoli, era veramente difficile comprendere perché se ne sarebbe dovuto fare uno diverso, che avrebbe comunque dato una minore affidabilità, in quanto non sottoposto a verifica sperimentale per ottocento anni.
Come già scritto, dopo un lungo dibattito, esaminate tutte le soluzioni possibili (in acciaio, in legno o in cemento armato) è stato deciso di ricostruire le coperture come erano prima dell’incendio.
Molto si è discusso negli ultimi secoli e, in particolare in Italia negli ultimi decenni, se le ricostruzioni dei monumenti gravemente danneggiati dovessero essere una copia di come erano o dovessero essere il risultato di un progetto contemporaneo: le più diverse soluzioni sono state applicate in funzione dei luoghi e delle caratteristiche degli edifici.
Spesso in Italia, a livello accademico, sono stati criticati interventi effettuati all’estero perché ricostruzioni in copia, ma in questo momento anche in Italia le richieste delle Soprintendenze e del Ministero dei Beni Culturali sono prevalentemente indirizzate verso tali metodologie di intervento.
Notre Dame ritornerà pertanto come era prima e il panorama di Parigi ritornerà quello usuale con la storica cattedrale, ma anche con i colori del Beaubourg e con lo skyline della torre Eiffel.
Il restauro delle superfici e delle opere d’arte
Un’ultima nota sul restauro degli interni, delle opere d’arte e sui tempi.
La fuliggine ha coperto buona parte delle superfici interne delle navate e non è possibile pensare di restaurare le parti crollate senza effettuare anche un’opera di restauro e di pulizia completa che comprenderà non solo le enormi superfici, ma anche i decori, le vetrate (smontate), le statue, l’organo ecc.
Ugualmente l’occasione del restauro è stata ragionevolmente colta anche per un ripensamento e un miglioramento di tutti gli impianti.
Per pulire le superfici dal nerofumo è necessario effettuare degli impacchi che lentamente assorbono le particelle di fuliggine, e tutto questo, considerate le enormi superfici da pulire sulle cinque navate, richiederà tempi comprensibilmente lunghi.
Il 15 aprile del 2024, a cinque anni dall’incendio, non sarà pertanto possibile vedere la cattedrale completamente restaurata e aperta come sperava in un primo momento il presidente Macron, ma questo non può essere considerato come una sconfitta, in quanto è un’oggettiva necessità maturata da una consapevole valutazione e della mole di lavori da eseguire per un restauro completo.
*Carlo Blasi, già professore ordinario di Restauro architettonico all’Università degli Studi di Parma, esperto di costruzioni in muratura, è consulente per la stabilità strutturale e per la ricostruzione delle strutture murarie della Cattedrale di Notre Dame a Parigi. Carlo Blasi è co-responsabile dello Studio Associato Comes.
Carlo Blasi*
L’incendio
Le immagini dell’incendio della Cattedrale di Notre Dame, che tutti abbiamo visto in televisione, sembravano quelle di un film di fantascienza, in quanto inimmaginabili dal vero.
Come poteva essere possibile che si sviluppasse un incendio di tali dimensioni in uno dei monumenti più famosi e più controllati del mondo?
Incredibile è stato anche come l’incendio si sia sviluppato, senza che potesse essere arrestato dai vigili del fuoco, fino alla completa combustione di tutte le strutture lignee delle coperture e della guglia, ugualmente di legno, alta oltre 90 metri.
I vigili del fuoco, con enormi rischi, sono riusciti a salvare tutti i tesori contenuti nella cattedrale e sono riusciti ad evitare che le fiamme aggredissero le travi dei due befroi: le grandi strutture lignee che sostengono le campane, all’interno delle due torri della facciata.
Se le strutture interamente di legno dei befroi avessero preso fuoco, sarebbero cadute le grosse campane, ma soprattutto, sarebbero crollate le torri e, con ogni probabilità, tutta la facciata e buona parte della chiesa.
In realtà la vera battaglia, determinante per la salvezza delle strutture murarie di Notre Dame, che i vigili hanno vinto, considerate ormai perse le coperture di legno, si è svolta proprio nella torre nord della facciata dove sono riusciti a spengere in fuoco che già aveva aggredito la base del befroi. L’immagini delle grosse strutture lignee superficialmente carbonizzate (figura 1.) fornisce un’immagine chiara del pericolo scampato.
La “lotta” si è svolta all’interno del vano mostrato nella figura, ma bisogna considerare, per comprendere la difficoltà dell’operazione, che dietro le travi che si vedono carbonizzate, ardeva l’intera navata e che i pompieri erano sottovento, ovvero con le fiamme e il calore che venivano loro addosso.
Le cause dell’incendio non sono state accertate; certamente è iniziato dalla guglia, dove era presente un impianto elettrico. Può darsi che un cortocircuito, in un ambiente asciutto e con legni secchi, abbia innescato la prima scintilla dalla quale si è poi sviluppato l’incendio.
Il sistema di monitoraggio sembra aver funzionato, ma in un primo momento è sembrato un falso allarme, e quando l’incendio è stato accertato era ormai troppo tardi per fermarlo.
Si è parlato anche del fatto che erano in corso dei lavori e che era in costruzione un grande ponteggio per il restauro della guglia; ciò ha fatto pensare ad una connessione tra i lavori e l’incendio, come avvenuto per altri incendi sviluppatisi in cantieri in Italia (quello de La Fenice e quello della Cappella della Sacra Sindone ad esempio), ma al momento dell’incendio il cantiere era chiuso e non erano in atto lavorazioni a caldo in quanto era ancora in corso la sola costruzione del ponteggio.
Ciò che ha lasciato sgomenti è la rapidità con la quale si è sviluppato l’incendio e le dimensioni delle fiamme che si alzavano verso il cielo; i getti d’acqua dei vigili sembravano semplici zampilli a fronte di una eruzione vulcanica.
Un intervento di spegnimento più violento, ad esempio dall’alto con elicotteri, anche se possibile e da alcuni ipotizzato, avrebbe comportato, con ogni probabilità, rischi ancora maggiori per la Cattedrale.
In ogni caso, l’evento impossibile è accaduto e questo deve fare riflettere sui presidi di prevenzione, che, quando vengono progettati e realizzati, possono talvolta apparire come eccessivi.
I danni
Il fuoco ha completamente distrutto tutta la carpenteria lignea del tetto e della guglia: tutte le coperture sono pertanto andate perdute.
Le volte hanno resistito al fuoco, ma il crollo della guglia ha travolto la crociera centrale, una parte della volta della navata e una porzione della volta del transetto nord, che non hanno retto l’urto tremendo.
Il fuoco nel sottotetto ha aggredito direttamente le superfici interne di tutti i muri perimetrali (muri gouttereaux) sopra le volte e, in particolare, le pietre e i rosoni delle due testate dei transetti nord e sud (muri pignons).
È noto come le pietre sotto l’azione diretta delle fiamme si spacchino con espulsioni superficiali di frammenti, partendo dagli spigoli che, per primi si scaldano e quindi si frantumano e si distaccano.
Le pietre aggredite dal fuoco acquisiscono pertanto una caratteristica forma tondeggiante come delle cipolle con vari strati di distacco.
Nelle navate, protette dalle volte, il fuoco non ha prodotto danni diretti, esclusa le basi di due colonne della navata aggredite dalle fiamme del legname caduto dal tetto, ma le macerie delle volte crollate hanno travolto tutti gli arredi sottostanti e, soprattutto, il nerofumo ha coperto buona parte delle superfici interne della cattedrale
Il ponteggio fuso
I maggiori problemi che si sono posti subito dopo l’incendio sono stati quelli della stabilità dell’enorme ponteggio montato sopra le terrazze laterali per il restauro della guglia e delle modalità per il suo smontaggio (figura 6.)
Il ponteggio, infatti, risultava, dopo l’incendio, in parte semi-fuso, con molti elementi fortemente deformati e con l’assetto generale modificato e precario. Non solo, ma non era possibile fare un calcolo affidabile della sua stabilità, e si poneva anche il problema di come smontarlo, in quanto non era certamente possibile salire sul ponteggio e smontare i nodi fusi.
L’intervento di smontaggio è durato molti mesi ed è avvenuto con gli operai sospesi, che hanno tagliato a pezzi il ponteggio, ma ciò solo dopo un rinforzo globale ottenuto aggiungendo nuove travi e cerchiature, ugualmente applicate in opera con il personale sospeso o in precario equilibrio. Una operazione il cui termine è stato festeggiato con un brindisi di sollievo nel dicembre 2020.
La pulizia della navata e delle volte
Dato che la stabilità delle volte non poteva essere garantita a causa della presenza di numerosi blocchi in precario equilibrio, la pulizia della navata centrale dalle macerie delle volte e la pulizia dell’estradosso delle volte dai legni carbonizzati ha richiesto particolari precauzioni.
Fortunatamente le volte hanno subito, in genere, danni limitati probabilmente anche grazie alla cappa di gesso di pochi centimetri che, comunque, ha svolto un ruolo protettivo.
La rimozione delle macerie è avvenuta mediante macchinari-robot che hanno prelevato tutte le macerie.
Sopra le volte la pulizia è avvenuta con operai sospesi a cestelli o a strutture di copertura che hanno imbracato tutti gli elementi lignei e che poi hanno pulito le superfici con aspiratori.
Il piombo
Un elemento che ha condizionato i lavori e che ancora crea grossi disagi agli operatori è stato la presenza di polveri di piombo in quantità pericolosa.
Il manto di copertura dei tetti era interamente costituito da lastre di piombo che si sono liquefatte; il risultato è stato duplice: la presenza di colate e fontane di piombo sulle murature e la diffusione di una notevole quantità di polvere di piombo depositatesi sulle vaie superfici della cattedrale che è apparsa subito elevata e superiore ai massimi ammessi per la salute.
Per verità bisogna dire che la presenza di polveri di piombo in quantità notevoli è frequente nelle città a causa del traffico e spesso queste polveri si depositano sulle superfici degli edifici, per cui non è raro trovare nei cantieri edili livelli di polveri superiori a quelli ammessi.
Nel cantiere di Notre Dame il livello delle polveri ha imposto severe misure di sicurezza: tute, caschi, guanti, maschere, completo ricambio del vestiario e docce all’uscita dalle zone di lavoro.
Soprattutto nel periodo estivo, con il caldo, molte lavorazioni si sono svolte veramente con grandi difficoltà, a causa del vestiario imposto e delle maschere, e solo grazie allo spirito di sacrificio e alla disponibilità degli operai è stato possibile realizzarle.
La sensazione di operare per uno scopo superiore a quello della semplice esecuzione di opere murarie si è diffuso in modo tangibile tra tutti coloro che si sono trovati ad operare nel cantiere.
Il gruppo di progettazione e l’amministrazione responsabile
La creazione di un gruppo di tecnici (architetti, ingegneri, amministratori) che potesse operare in modo qualificato e coordinato è stata effettuata in modo rapido, scegliendo in modo diretto le persone reputate più qualificate.
Intorno all’architetto capo di Notre Dame Philippe Villeneuve, ACMH (acronimo di Architecte en Chef des Monuments Historiques) si sono ritrovati Rémi Fromont e Pascal Prunet (entrambi ACMH) a formare un gruppo di progettazione e direzione dei lavori (MOE, acronimo di Maitrise d’Œuvre), che per gli aspetti strutturali ha cooptato un giovane ingegnere esperto di strutture storiche, Mathias Fantin, e il sottoscritto, forse par l’esperienza di interventi di analisi strutturale di edifici storici maturata anche in Francia (sul Pantheon di Parigi) con il Ministero della Cultura, che già il primo di maggio del 2019 era sul posto.
Da notare che pochi anni prima dell’incendio l’architetto Rémi Fromont aveva effettuato un rigorosissimo rilievo di tutta la carpenteria lignea del tetto, per cui la sua presenza è risultata indispensabile. Il gruppo, così formato, è stato rapidamente incaricato dal Ministero della Cultura.
La definizione della Direzione Amministrativa (quello che da noi sarebbe il RUP e che il Francia è la MOA, Maîtrise d’Ouvrage) è stata opera che ha presentato maggiori difficoltà.
In un primo momento il ruolo di responsabile del procedimento è stato affidato a funzionari del Ministero della cultura (con una qualche corrispondenza con una nostra Soprintendenza di zona), ma le difficoltà di un simile cantiere e gli importi eccezionali degli appalti, in alcuni casi affidati con procedura d’urgenza per ovvie ragioni, si sono presto dimostrate eccessive per funzionari abituati a gestire cantieri “normali”.
Il Presidente della Repubblica ha pertanto rapidamente creato un ente specifico, un Établissement Publique, con persone esperte in gestioni amministrative consistenti, con a capo il generale Jean-Louis Georgelin.
Forse è possibile fare un parallelo con quanto è avvenuto da noi, dove la gestione logistica della lotta alla pandemia è stata ugualmente affidata ad un generale, constatate le difficoltà a svolgere tale ruolo da parte di persone prive di un’adeguata esperienza organizzativa. I risultati sono stati indubbiamente positivi.
La stabilità della cattedrale
A minacciare la stabilità della cattedrale dopo l’incendio non c’era solo la presenza del grande ponteggio semi-fuso, ma anche l’equilibrio precario creatosi con il crollo di parte delle volte.
Nelle cattedrali gotiche, infatti, ogni elemento costruttivo ha un suo ruolo preciso nell’equilibrio complessivo: in particolare la spinta delle volte è bilanciata dalla spinta degli archi rampanti.
Crollate alcune parti delle volte, la spinta degli archi rampanti verso l’interno è risultata non contrastata.
In realtà le strutture spesso si adattano e trovano nuovi equilibri, ma per avere la massima sicurezza e poter lavorare sicuri, uno dei primi interventi che è stato realizzato è stata la posa di centine di legno sotto tutti gli archi rampanti come mostra la figura 11: una operazione estremamente delicata e rischiosa.
Per valutare la stabilità delle volte danneggiate e le possibilità di riproporle come erano prima dell’incendio, sono stati realizzati vari modelli di calcolo, sia parziali che globali, che hanno messo in evidenza come le strutture storiche della cattedrale siano state realizzate all’epoca della costruzione con dimensionamenti perfetti in rapporto alle sollecitazioni che ogni elemento strutturale avrebbe dovuto sopportare.
Pur senza elaboratori elettronici i nostri colleghi medievali sono riusciti a raggiungere le massime prestazioni possibili dai materiali a loro disposizione e ciò grazie ad una magistrale conoscenza dovuta ad esperienze millenarie trasmesse: una conoscenza di tipo empirico, ovvero basata sull’esperienza maturata nei secoli. Noi dovremmo attentamente rivalutare tali conoscenze, anche perché non riusciamo ancora con i nostri computer a modellare adeguatamente (soprattutto in campo sismico) comportamenti meccanici complessi di opere artigianali e raggiungere la stessa precisione nel dimensionamento delle loro realizzazioni raggiunta dai costruttori delle grandi cattedrali.
Interventi di messa in sicurezza e di protezione
Una volta terminate le operazioni di pulizia dalle macerie e di smontaggio del ponteggio pericolante si è potuto procedere con la costruzione di ponteggi interni e con la posa in opera delle centine di sostegno degli arconi e delle volte in modo da mettere in completa sicurezza tutta la cattedrale e poter procedere alle ricostruzioni e ai restauri.
Per la ricostruzione della guglia è stato progettato ed è in corso di realizzazione un ponteggio di oltre 90 metri ed è stata predisposta una gru di oltre 100 metri.
Le immagini forniscono una idea della situazione attuale che è ormai pronta per procedere con le ricostruzioni.
La ricostruzione delle volte
Entro breve inizierà la ricostruzione delle volte, che sarà eseguita, per quanto possibile, recuperando elementi lapidei originari non danneggiati, integrati con elementi nuovi della stessa forma.
La geometria delle volte da ricostruire è stata definita in modo che, dopo le prevedibili deformazioni fisiologiche dovute al ritiro delle malte, alle deformazioni meccaniche e a quelle dovute al prevedibile fluage della muratura, venga riprodotta la forma che le volte avevano prima dell’incendio, già rilevata con laser-scanner.
La scelta era praticamente obbligata dovendo raccordare le nuove volte a quelle antiche.
Data la presenza di danneggiamenti all’estradosso delle pietre delle volte rimaste, il progetto di ricostruzione prevede, dopo la pulizia e l’eventuale posa di imperniature con perni di fibra di vetro di parti fratturate, la stesa di una cappa di tre centimetri di malta fibrorinforzata quale consolidamento distribuito.
Sopra tale cappa sarà steso uno strato di gesso di circa 3 centimetri, come era prima dell’incendio, che, oltre a fornire lo stesso aspetto antecedente, costituirà una difesa da eventuali futuri incendi.
La ricostruzione del tetto e della guglia
Molto si è scritto su come si sarebbero dovute ricostruire le parti crollate e, in un primo momento, è stato anche ipotizzato un “concorso d’idee”, ma, dopo un ragionevole ripensamento e dopo aver accuratamente esaminato le varie possibilità, la specificità della situazione e dei documenti disponibili, il Ministero della Cultura ha deciso di procedere con una ricostruzione, per quanto possibile, “à l’identique”.
La particolarità della cattedrale di Notre Dame è infatti quella di disporre del progetto originario di Violet Le-Duc del tetto ricostruito nel XIX secolo e della guglia, compreso il giornale dei lavori, e di avere anche un rilievo accurato di tutta la carpenteria lignea delle coperture prima dell’incendio, realizzato dall’architetto Rémi Fromont pochi anni prima.
Inoltre, i calcoli effettuati per la verifica delle strutture lignee dall’ingegnere Mathias Fantin hanno dimostrato come sia le strutture lignee medievali, sia quelle ottocentesche fossero dimensionate in modo da garantire la stabilità anche applicando le norme di sicurezza attuali.
Il fatto è notevole, in quanto, in genere, le strutture lignee storiche risultano per lo più insufficienti rispetto ai criteri di sicurezza attuali. Negli interventi di consolidamento o ricostruzione spesso si pone il dilemma di realizzare le nuove strutture come erano, con carenze di sicurezza rispetto alle norme, o realizzare strutture di dimensioni visibilmente più grosse di quelle originarie, con risultati estetici sgradevoli rispetto alle visioni usuali degli edifici storici.
Nel caso di Notre Dam, avendo un progetto realizzato e verificato sia dal tempo che dai calcoli, era veramente difficile comprendere perché se ne sarebbe dovuto fare uno diverso, che avrebbe comunque dato una minore affidabilità, in quanto non sottoposto a verifica sperimentale per ottocento anni.
Come già scritto, dopo un lungo dibattito, esaminate tutte le soluzioni possibili (in acciaio, in legno o in cemento armato) è stato deciso di ricostruire le coperture come erano prima dell’incendio.
Molto si è discusso negli ultimi secoli e, in particolare in Italia negli ultimi decenni, se le ricostruzioni dei monumenti gravemente danneggiati dovessero essere una copia di come erano o dovessero essere il risultato di un progetto contemporaneo: le più diverse soluzioni sono state applicate in funzione dei luoghi e delle caratteristiche degli edifici.
Spesso in Italia, a livello accademico, sono stati criticati interventi effettuati all’estero perché ricostruzioni in copia, ma in questo momento anche in Italia le richieste delle Soprintendenze e del Ministero dei Beni Culturali sono prevalentemente indirizzate verso tali metodologie di intervento.
Notre Dame ritornerà pertanto come era prima e il panorama di Parigi ritornerà quello usuale con la storica cattedrale, ma anche con i colori del Beaubourg e con lo skyline della torre Eiffel.
Il restauro delle superfici e delle opere d’arte
Un’ultima nota sul restauro degli interni, delle opere d’arte e sui tempi.
La fuliggine ha coperto buona parte delle superfici interne delle navate e non è possibile pensare di restaurare le parti crollate senza effettuare anche un’opera di restauro e di pulizia completa che comprenderà non solo le enormi superfici, ma anche i decori, le vetrate (smontate), le statue, l’organo ecc.
Ugualmente l’occasione del restauro è stata ragionevolmente colta anche per un ripensamento e un miglioramento di tutti gli impianti.
Per pulire le superfici dal nerofumo è necessario effettuare degli impacchi che lentamente assorbono le particelle di fuliggine, e tutto questo, considerate le enormi superfici da pulire sulle cinque navate, richiederà tempi comprensibilmente lunghi.
Il 15 aprile del 2024, a cinque anni dall’incendio, non sarà pertanto possibile vedere la cattedrale completamente restaurata e aperta come sperava in un primo momento il presidente Macron, ma questo non può essere considerato come una sconfitta, in quanto è un’oggettiva necessità maturata da una consapevole valutazione e della mole di lavori da eseguire per un restauro completo.
*Carlo Blasi, già professore ordinario di Restauro architettonico all’Università degli Studi di Parma, esperto di costruzioni in muratura, è consulente per la stabilità strutturale e per la ricostruzione delle strutture murarie della Cattedrale di Notre Dame a Parigi. Carlo Blasi è co-responsabile dello Studio Associato Comes.