Fiammette nella bufera
I vigili del fuoco di Milano nella Resistenza
Di Roberto Villa e Claudio Di Francesco
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Luglio 1943: gli alleati erano già sbarcati in Sicilia dal 10, (il famoso discorso del “bagnasciuga” si risolse nell’ennesima fanfaronata del “grande condottiero”!); durante la seduta del “Gran Consiglio del Fascismo”, tenuta nella notte tra il 24 e il 25, la politica del “duce” fu aspramente criticata, diciannove gerarchi sottoscrissero l’”Ordine del Giorno Grandi” che richiamava la guida del re nelle operazioni militari e il ritorno ad un corretto funzionamento
della Costituzione. Con l’arresto di Mussolini esplose in tutto il Paese l’entusiasmo popolare per la fine della dittatura (al mattino, per le strade, si trovarono migliaia di distintivi del p.n.f., busti dell’ex dittatore distrutti, tessere del partito) ma, il discorso del nuovo capo del Governo, maresciallo Badoglio, in cui dichiarava che “la guerra continua”, provocò un senso di forte indignazione (a Milano, negli scontri ci furono 20 morti, 62 feriti e centinaia di arresti; il nuovo “capo” aveva preso il posto del duce ma, alla richie- sta di distribuire armi ai civili per difendersi dai tedeschi, impartì l’ordine di far fuoco sulle masse). Nel frattempo le incursioni aeree alleate sul suolo italiano si intensificarono; ormai, con la difesa contraerea quasi inesistente, il dominio incontrastato dei cieli lo detenevano le “Fortezze volanti “ americane e i “Lancaster“ inglesi. 8, 13, 15 e 16 agosto 1943; in queste notti si ebbero i più pesanti e devastanti bombardamenti su Milano, la città fu semidistrutta; il centro cittadino sconvolto, distrutti numerosi monumenti ed edifici (danneggiate anche alcune caserme dei vigili; in quella di v.le Regina Margherita vi trovarono la morte il Capo posto Domenico Fassi e il centralinista Giosuè Pirola), miglia- ia le vittime, dai rifugi, numerosi cittadini uscirono ad aiutare i soccorritori stremati da giorni di lavoro ininterrotto; con la rete idrica danneggiata in più punti, l’opera di spegni- mento dei numerosi incendi era immane, ciononostante i vigili del fuoco, con sforzi inimmaginabili e determinazione, riuscirono ad evitare quella “tempesta di fuoco” che si sviluppò, al contrario, a Dresda, Amburgo e Berlino nei primi mesi del 1945 provocando centinaia di migliaia di vittime. In quei giorni i vigili del fuoco furono l’unico punto saldo di riferimento per le popolazioni martoriate. 20 ottobre 1944; in una limpida giornata autunnale, una formazione di bombardieri statunitensi del 451° Bomb Group USAAF giunsero ancora una volta sulla ormai devastata città; gli obiettivi avrebbero dovuto essere gli stabilimenti della Breda, dell’Alfa Romeo, della Isotta Fraschini. Alle 11,29 comin- ciò il bombardamento; molte bombe colpirono i bersagli, molte altre devastarono case, uffici, una centrò in pieno la scuola elementare “Francesco Crispi” a Gorla; il breve spazio di tempo tra l’allarme e l’inizio del bombardamento fece sì che i bambini si trovassero ancora sulle scale dell’edificio quando l’ordigno entrò nella tromba delle scale: 184 bambini e 19 maestre rimasero sepolti sotto le macerie; quell’incursione causò la morte di 635 persone. Accorsero i Vigili del distaccamento Benedetto Marcello e quello di via Ravenna, si trovarono davanti a scene strazianti, genitori disperati alla ricerca dei propri figli, altri stroncati dal dolore al ritrovamento del proprio senza vita, lo stesso capo posto del distaccamento di Benedetto Marcello si ritrovò a cercare tra le macerie il proprio fi- glioletto di 6 anni: lo trovò tra i corpicini esanimi. 8 settembre 1943: l’Italia, ormai ridotta allo stremo sul piano militare, chiese l’armistizio che fu firmato a Cassibile, mentre il re, Badoglio e gli alti gradi militari si davano vergognosamente alla fuga. L’esultanza iniziale di chi credeva nella fine della guerra fu breve; nel giro di poche ore, coloro che per anni il regime aveva presentato agli italiani come fraterni e sinceri alleati, gettarono la maschera e svelarono le loro vere intenzioni. Iniziò così un periodo ancora più drammatico di quello appena concluso; alle immani distruzioni, alle migliaia di vittime innocenti, si aggiunse, al Centro-Nord, (il Sud era stato finalmente liberato e, anche i Corpi di quelle città poterono tornare alla quasi normalità del servizio) il terrore di una dominazione feroce, crudele e vendicativa; l’invasore tedesco e il suo vassallo fascista (rinato con la tristemente nota Repubblica di Salò e spesso ancor più crudele del padrone) costrinsero gli italiani a condizioni umilianti e a scelte drammatiche. Nei giorni successivi la liberazione di Roma, nel giugno 1944, furono i Vigili del Fuoco che procedettero alla pietosa opera di recupero dei poveri resti delle 335 vittime dell’ennesimo eccidio nazifascista alle Fosse Ardeatine. Per la maggioranza dei vigili fu una scelta morale; mai completamente soggiogati dalla propaganda del regime, si schierarono dalla parte della libertà e della democrazia, anche se ciò voleva dire mettere a repentaglio ancora più facilmente la propria vita. Sempre disposti al sacrificio per la salvezza dei propri simili, molti di essi persero la vita in una lotta assai più crudele che contro il fuoco, i crolli, le calamità. Lasciate le caserme, si dettero alla macchia, ricercati, braccati, raggiunsero le formazioni dei “banditi” in montagna e con queste combatterono per venti mesi, fino alla vittoria finale che, molti di loro, non videro. Anche quelli che restarono in servizio presso i Comandi si batterono, forse con maggior rischio individuale, nascondendo e aiutando ebrei, prigionieri alleati, ricercati politici, trasportando munizioni e viveri ai compagni alla macchia, compiendo sabotaggi ma, sempre pronti a intervenire in caso di bisogno e al di sopra degli schieramenti. In città come Milano, Torino, Genova, Firenze e tante altre i vigili del fuoco dettero un contributo notevole di vite e sofferenze alla lotta per la sconfitta del nazifascismo. 29 aprile 1945: un altro cinegiornale (girato da una troupe svizzera) mostra un’altra piazza, a Milano. Il 10 agosto del 1944 militi della brigata nera “Muti” fucilarono 15 antifascisti in piazzale Loreto, questo ennesimo eccidio aveva ulteriormente esacerbato l’animo dei milanesi che, l’anno successivo, in una mattina di primavera inoltrata accorsero a vedere nella stessa piazza i corpi di coloro che avevano portato un intero Paese alla distru- zione, causato tanti lutti e miserie e lì, sfogarono tutto l’odio, il rancore, la rabbia covati per tanti anni. Le immagini mostrano alcuni vigili che con gli idranti cercano di allontanare la folla inferocita, cercano di impedire che quei corpi ormai senza vita siano ulteriormente oltraggiati, compito arduo; troppi orrori, troppe ferite erano ancora aperte. Quei vigili poco poterono ma, dimostrarono, ancora una volta, la loro umanità anche verso coloro che non ne avevano dimostrato per nessuno. Questa pagina di storia è stata per lungo tempo volutamente lasciata nell’oblio (a parte rare eccezioni, di queste eroiche gesta non se ne trova traccia nè sui libri di recente pubblicazione, nè sui vari siti Internet dedi- cati ai Vigili del Fuoco), solo pochi “frammenti” verbali catturati agli anziani in qualche momento di pausa in caserma, in attesa di correre, oggi come ieri, in aiuto di chi è in pericolo. Al termine del conflitto il Corpo di Milano contò 16 caduti per mano nazifascita, tre deportati nei lager tedeschi (l’ing. Francesco Moschettini vi morirà) e 14 IMI (Internati Militari Italiani). Oggi, in ogni Comando, una lapide ricorda tutti i colleghi che sono caduti in servizio accanto a coloro che hanno sacrificato la loro vita per un ideale e un futuro di democrazia e libertà; questi uomini, a distanza di tanto tempo, non hanno ancora avuto il giusto riconoscimento, ma, come sempre nello spirito dei vigili del fuoco, l’unico e certo ricono- scimento viene da chi sa con quale sacrificio, spirito di abnegazione e altruismo, questi uomini, che non si credono e mai si sono creduti eroi, svolgono il proprio lavoro. |