L'eccidio nazista di Bagnara (CR).
La fucilazione di otto vigili del fuoco.
Ricerca di Fausto Fornari e Giuseppe Azzoni.
Fotografie gentilmente fornite dalla Famiglia Cerani.
Fotografie gentilmente fornite dalla Famiglia Cerani.
Le sei vittime
Domenico Agazzi.
Guido Azzali.
Odoardo Cerani.
Ivan Mondani.
Luigi Rusinetti.
Giovanni Vaiani.
I funerali
Il ricordo dei martiri
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La mattina del 27 aprile 1945, tra le 8 e trenta e le 9 e trenta a Bagnara, un gruppo di otto vigili del fuoco-partigiani di Cremona appena catturati da una colonna di soldati tedeschi, vennero addossati al muro di cinta delle scuole e fucilati. Sei di essi morirono, due rimasero feriti ed abbandonati sul terreno mentre i tedeschi si allontanavano.
Questo eccidio nazista è uno dei più significativi episodi della Resistenza in provincia di Cremona. Una Resistenza che si caratterizzò sin dall'otto settembre 1943 con un fortissimo rifiuto dei militari di fiancheggiare ancora l'esercito tedesco, quindi con un grande numero di internati in Germania e con episodi come lo scontro con i tedeschi a Cefalonia nel quale morirono anche 173 soldati cremonesi della Divisione Acqui. Una delle cifre che danno lo spessore della partecipazione dei cremonesi alla lotta per la libertà è quella di circa 600 Caduti dentro e fuori il territorio provinciale. Di essi 130 sono i Caduti in provincia nelle giornate attorno al 25 aprile 1945. L'insurrezione fu un momento fondamentale della lotta di liberazione. L'esercito tedesco incalzato dagli Alleati era in ritirata, ma la resa avverrà solo il 29 aprile. L'insurrezione fu importante per scongiurare definitivamente ogni velleità di ulteriori combattimenti da parte dei tedeschi, per difendere gli abitati da saccheggi e violenze e per liberare la città e i territori prima che divenissero oggetto di bombardamenti e di scontro tra armate, nonché per predisporre un minimo di ordine civile, che vedesse l’antifascismo italiano protago- nista dei destini delle comunità e del Paese. L'insurrezione a Cremona era stata da qualche tempo predisposta dalle forze del nostro Comitato di Liberazione Nazionale: comunisti, socialisti, democristiani, liberali, azionisti, repubblicani. In base alle direttive del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI), la sollevazione scattò all’alba del 26 aprile, con una Squadra di Azione Patriottica (SAP) che compì un colpo di mano nella caserma di via Colletta, impadronendosi di molte armi, distribuite poi alle varie formazioni partigiane presenti in città, che aggiungendosi a quelle accumulate e nascoste nei mesi precedenti, ne incrementò considerevolmente la capacità offensiva. Nella mattinata avvennero già alcune occupazioni ed azioni significative degli insorti. Il Prefetto della RSI, Vittorio Ortalli, dichiarò la resa delle forze repubblichine e si consegnò al CLN; Roberto Farinacci si allontanò da Cremona verso nord, mentre alcuni partigiani salirono sul “Torrazzo” e vi collocarono il tricolore e la bandiera bianca, come segnale convenuto con gli aerei alleati. Alle ore 14 il segnale vero e proprio per l'insurrezione popolare: contemporaneamente suonarono le campane delle chiese e le sirene di fabbriche, come l'Armaguerra o la Cavalli e Poli, in cui gli operai avevano in pugno la situazione. Nel pomeriggio dopo diversi scontri a fuoco con tedeschi e fascisti che provocarono numerose vittime, i resistenti occuparono le sedi funzionali, amministrative e politiche della città (compresa la famigerata villa Merli e le caserme). Tra le vittime si dovette purtroppo registrare quella del comandante partigiano Bruno Ghidetti, morto in uno scontro a fuoco con alcuni fascisti che sparavano da una cascina in via S. Rocco. LA RABBIOSA ONDATA DELLA RITIRATA TEDESCA Nelle giornate dal 23 aprile tutta la provincia, a partire dalle località sul Po, venne investita da una tremenda ondata dei militari tedeschi in ritirata. Si parla di due Divisioni con relativi Reggimenti e reparti vari. Centinaia e centinaia di soldati che, costretti ad abbandonare la massiccia difesa della linea gotica risalivano verso il nord e molti passarono il fiume per approdare lungo le rive tra Casalmaggiore e Cremona. La vera e propria resa ancora non ci fu. Hitler non voleva assolutamente cedere, tant’è che si vociferava di una ulteriore testarda resistenza verso le Alpi, mentre le strutture e i bunker che erano stati predisposti in alcuni tratti delle sponde cremonesi si rivelarono inutili. Il passaggio del fiume avvenne in molti modi e con diversi mezzi. In alcuni punti i tedeschi utilizzarono traghetti in sicurezza (per esempio all'altezza di Torricella del Pizzo), in altri utilizzarono qualsiasi cosa che galleggiasse, dove molti annegarono. Anche lo spirito con cui procedevano si diversificava. Molti non avevano più alcuna volontà di continuare la guerra e puntavano solo a tornare al loro paese, altri invece erano ancor più esacerbati dalla sconfitta e dall’odio e disprezzo nei confronti degli italiani. In generale i reparti tedeschi passarono però sul nostro territorio ancora con molte armi, anche pesanti, ed in modo temibile ed ordinato. Con brutali saccheggi cercarono di procurarsi mezzi di trasporto e vettovagliamenti di ogni genere, spesso portando con sé ostaggi per lunghi tratti. Ai gruppi partigiani ed insurrezionali venne affidato il compito di fiaccarne assolutamente le forze, catturare quanti più militari era possibile, quantomeno disarmarli, pur permettendo che procedessero nella ritirata. L'inferiorità dei partigiani negli armamenti e nell’addestramento era evidente, ma ma sfruttando bene le indubbie capacità dei metodi della guerriglia e magari facendo apparire una forza superiore alla realtà, spesso si riuscì ad ottenere importanti risultati. Per esempio a Cremona si riuscì a far allontanare la truppa di stanza in città e qualche colonna che giungeva, senza gravi danni, obbligandoli ad abbandonare l'armamento pesante. Così avvenne con una numerosa colonna proveniente dal Po il 27 aprile. Nel cortile della caserma “del diavolo” in via S. Maria in Betlem, si accumulò un ingente quantitativo di queste armi. Spesso invece le truppe tedesche usavano la violenza. Tutto ciò vide molti episodi di grande coraggio dei vari nuclei partigiani con molte furono le vittime: a Casalmaggiore, a Gussola, a Cingia, Stagno e Pieve d'Olmi, quindi a Bagnara ed a Cremona e poi sulle strade verso il nord: Isola Dovarese, Pessina con una barricata, Soncino, Soresina, Spino d'Adda, Crema ed altrove. Nelle stesse ore ferveva la pericolosa attività per snidare gli ultimi irriducibili cecchini fascisti, che ancora sparavano dagli edifici, anche per riportare un minimo di ordine in attesa dell'arrivo delle truppe angloamericane, i cui primi carri giunsero il 29 aprile. In città e dintorni nei giorni dell'insurrezione si calcola siano caduti tra i venticinque ed i trenta insorti: a S. Luca, presso la ferrovia, all'Armaguerra, a Porta Venezia, in via Brescia e in via S. Rocco. L'eccidio nel “presidio dei vigili del fuoco” di Bagnara avvenne dunque nella situazione che abbiamo assai sommariamente delineato per una sua migliore comprensione. Vogliamo innanzi tutto ricordare che erano gli uomini e i giovani che pagarono con un tragico tributo di sangue la loro scelta per gli ideali di libertà dall’oppressione nazi-fascista. LE VITTIME Domenico Agazzi di Carlo e Carolina Grandi, era nato a Cremona il 29 novembre 1909 ed abitava in città, in via Giordano 46. Vigile del Fuoco del 27° Corpo, era celibe ed aveva fatto il cavallante. Una scheda conservata nell’archivio dell’ANPI ne riporta l'appartenenza alla Brigata SAP cittadina del Raggruppamento garibaldino Ferruccio Ghinaglia”. Il suo “foglio variazioni matricolari” del Distretto Militare di Cremona riporta il riconoscimento della competente Commissione Regionale come “partigiano combattente caduto” per la lotta di liberazione per il periodo 10.1.1945 – 27.4.1945, inquadrato nella Brigata SAP “Ghinaglia”. Agazzi era stato nel 1935 in Eritrea ed era stato assunto come Vigile del Fuoco nel novembre 1941. Guido Azzali di Giuseppe e Giazzi Dusolina, era nato a Duemiglia (Cremona) il 17 agosto 1905. Abitava a Cremona nell’attuale via Garibotti 5 (allora via Castello). Era sposato con Ceruti Lina ed aveva due figli. Era Vigile Scelto del 27° Corpo (e originariamente giornalaio). Il suo “foglio variazioni matricolari” del Distretto Militare di Cremona riporta il riconoscimento della competente Commissione Regionale come “partigiano combattente caduto” per la lotta di liberazione per il periodo 10.1.1945 – 27.4.1945, anche lui inquadrato nella Brigata SAP “Ghinaglia”. Odoardo Cerani di Oddone e Ruffini Maria, nato a Cremona il 18 agosto 1902, risiedeva in città in Corso Vacchelli 17. Era sposato con Carolina Galli dalla quale ebbe due figli. Vigile Scelto nel 27° Corpo. Anche la sua documentazione militare riporta il riconoscimento della competente Commissione Regionale come “partigiano combattente caduto”, per la lotta di liberazione per il pe- riodo 10.1.1945 – 27.4.1945, sempre inquadrato nella Brigata SAP “Ghinaglia”, “deceduto per fucilazione da parte di forze tedesche”. Il suo nome compare nella lapide del palazzo “Fondazione Città di Cremona” dedicata agli ex allievi dell'orfanotrofio “Caduti in guerra”. Ivan Mondani, di Alfredo e Ferrari Angela, avrebbe compiuto 17 anni in dicembre essendo nato il 22 dicembre 1928 a Cremona. Abitava in via Cadore, 2 ed era studente. Dalla documentazione della Commissione riconoscimento qualifiche partigiane risulta appartenente alla 4° Brigata del Raggruppamento “Ghinaglia” dal marzo all’insurrezione, quindi “partigiano combattente caduto”, ed una tessera ad honorem 1947 dell'Associazione quale “partigiano Caduto”. Luigi Rusinenti di Giuseppe e Adami Erminia. Giovanissimo, essendo nato il 13 settembre 1926 a Ghedi, (Brescia). Abitava in città, via Picenardi, 6. Vigile nel 27° Corpo VVF. Leggiamo nel suo foglio matricolare militare che: “ha partecipato dal 10.1.1945 al 27.4.1945 alle operazioni di guerra svoltesi in territorio metropolitano con la formazione partigiana 27° Corpo VF-SAP”, è stato riconosciuto dalla Commissione regionale “partigiano combattente caduto”. Il suo nome compare nella lapide del palazzo “Fondazione Città di Cremona” dedicata agli ex allievi dell'orfanotrofio “Caduti in guerra”. Giovanni Vaiani, di Paolo e Ceruti Angela, nato a Cremona il 9 aprile 1893, abitava in via Genala, 33 a Cremona, professione pasticcere. Anch'egli della 4° Brigata SAP della “Ghinaglia”. Il giornale del CLN, Fronte Democratico, così lo inserisce nel numero del 2 maggio '45 nella rubrica “I nostri Caduti”: “E' caduto da eroe il patriota cremonese Vaiani Nino, ucciso in combattimento dai barbari tedeschi a Bagnara”. Per quanto riguarda i due sopravvissuti, il primo era Domiziano Rossi, nato a Cremona il 26 marzo 1925, residente in città in via S. Erasmo 7, meccanico, vigile del fuoco volontario, poi manovale. Ferito e poi colpito alla testa, fu assistito nella cascina vicina, il trauma gli causò una grave sindrome neurologica, fu ricoverato nell’Ospedale Psichiatrico provinciale nel 1949. Morì nel 1970, appena quarantacinquenne. Il secondo era Ubaldo Folcini, nato a Cremona il 30 gennaio 1921 e Vigile del Fuoco: rimasto gravemente ferito, assistito nella cascina e subito portato all'ospedale maggiore vi rimase ricoverato fino a fine agosto. Rimase invalido tutta la vita, come tale rimase in servizio. Il collega Vigile Alberto Fiorentini riporta (nel DVD citato successivamente) un episodio di quando era all'ingresso nella sede: giunge un pullman di turisti tedeschi e gli chiedono la direzione per Milano, lui gli indica quella per Mantova. “Proprio a me dovevano chiedere!”, esclama. Morì nel 1987. L'ACCADUTO NELLA RICOSTRUZIONE DELLO STORICO PARLATO Una accurata ricostruzione è quella fornita dallo storico Armando Parlato nel suo libro La Resistenza cremonese (La Pietra Editore, 1984). La utilizziamo come filo conduttore di questo racconto, poi integrato con alcuni arricchimenti. “La fredda e piovigginosa mattina del 27 aprile apre la giornata successiva a quella della insurrezione nella nostra provincia. Essa è ancora in pieno svolgimento e soprattutto continuano ad arrivare, numerosi ed armati, i reparti tedeschi che hanno attraversato il Po. Il CLN oltre che di fatti d'arme per assumere il pieno controllo della situazione, deve provvedere anche a primarie necessità della popolazione. Una di esse è la fornitura di latte, allora davvero essenziale per tante famiglie. I normali modi per portare il latte in città non erano possibili in quella emergenza ed allora il compito di andare nelle cascine a prelevarlo viene affidato al 27° Corpo dei Vigili del Fuoco. Alcuni di loro partono verso le 7 dalla caserma di via S. Maria in Betlem e si dirigono verso Bagnara e cascine della zona. Essi erano anche patrioti della Squadra di Azione Patriottica (SAP) di S. Imerio, ed a loro si aggregano anche Mondani e Vaiani sappisti “civili”. Montano tutti su un vecchio camion FIAT. Data la situazione il gruppo voleva aver modo di difendersi e di farsi riconoscere come partigiani del CLN, dunque – scrive Parlato – viaggiano “armati di fucile e fazzoletto rosso al collo”. Va anche detto che parte del 27° Corpo VVF, che aveva sede a Porta Venezia, era stata provvisoriamente distaccata nell'edificio, con relativo portico e cortile, delle scuole elementari di Bagnara. Il giorno 26 diversi vigili sappisti avevano partecipato, insieme alla SAP di Porta Po, ad operazioni per il disarmo di tedeschi e fascisti nella zona. Alcuni di loro avevano poi passato la notte nella “Caserma del diavolo” di via S. Maria in Betlem: sono proprio loro che alle sette del mattino partono per l'approvvigionamento del latte. Parlato ne fa a questo punto i nomi: Agazzi, che guida il camion, Primo Cortesi, Rusinenti, Azzali oltre ai già citati “civili” Mondani e Vaiani. Poco dopo la partenza, giunti al Battaglione, il vecchio mezzo si blocca per un guasto: proprio in quel momento stanno arrivando tre soldati tedeschi a cavallo. Erano avanscoperta di una colonna di 250 militari germanici che avevano traghettato il Po e si dirigevano verso Cremona per poi presumibilmente imboccare la via Brescia. Visto il camion fermo coi partigiani, che presumibilmente ingiunsero loro immediatamente di arrendersi e consegnare le armi, i tre tedeschi a cavallo fuggirono nei campi. Il camion non riparte e Primo Cortesi si avvia a piedi verso le scuole di Bagnara per avvertire i vigili in sede della situazione. A quell'ora del mattino potevano esserci una decina di pompieri, presenti contemporaneamente per il cambio. Cortesi ci sta arrivando quando si imbatte in un altro soldato tedesco, con un cavallo razziato da una cascina vicina. Cortesi lo sorprende, lo disarma e lo “imprigiona” in una spazio (attrezzato a bunker tempo prima dagli stessi tedeschi) lì a Bagnara. Il militare riesce però a scappare ed a raggiungere la sua colonna giunta ormai alle Cà Basse. Senz'altro il militare riferisce, come già avranno potuto fare gli altri tre, che c'erano partigiani nei dintorni e che lui era stato disarmato. Nel frattempo la stessa colonna arriva alle scuole di Bagnara, dopo aver sorpreso il gruppo col camion in panne e catturato Rusinenti, Azzali, Agazzi, Mondani e Vaiani. Cortesi era riuscito a nascondersi, con lui così avevano fatto altri vigili presenti: di essi però vennero catturati Ubaldo Folcini, Domiziano Rossi ed Edoardo Cerani. Immediatamente, con fredda ferocia, senza alcuna considerazione del fatto che i vigili stavano svolgendo un servizio, che non avevano sparato contro nessuno dei quattro tedeschi da loro sorpresi e nemmeno che tre degli otto catturati non facevano parte del gruppo del camion, i tedeschi li misero tutti al muro e spararono, pare con una mitraglia. Nulla poterono fare i loro compagni che si erano nascosti nei campi sperando di poter fare qualcosa appena possibile mentre subitamente venivano sorpresi dal crepitare degli spari. Si trattò dunque di un altro dei tanti crimini nazisti rimasti poi impuniti. Furono colpiti a morte Edoardo Cerani, Guido Azzali, Domenico Agazzi, Luigi Rusinenti, Giovanni Vaiani e Ivan Mondani. Domiziano Rossi, sfuggito alle pallottole, venne violentemente colpito alla testa col calcio di un fucile, perse i sensi e rimase abbandonato sul terreno, evidentemente creduto morto. Folcini rimase gravemente ferito ed immobile tra i corpi dei caduti. Ambedue rimasero per tutta la vita gravemente compromessi nel fisico o nella psiche, come scritto nell'elenco iniziale. I tedeschi si allontanarono subito. Dalla vicina cascina Bugada uscì un salariato che vide, avvisò gente, diede un primo soccorso ai feriti. Poco dopo un altro vigile del fuoco, Rino Fanetti, mentre camminava verso Bagnara, inconsapevole dell'accaduto, venne preso dalla stessa colonna, giunta nei pressi del Battaglione, usato quindi come ostaggio nella prosecuzione della marcia. Si liberò a Pontevico”. (Armando Parlato per la sua ricostruzione si è avvalso, oltre che di documenti d'archivio, di una testimonianza di Primo Cortesi). LA MEMORIA VIVA Nel dopoguerra la Sezione di Cremona dell'Associazione Nazionale Vigili del Fuoco collocò un cippo – monumento nel cortile delle scuole: una roccia, su cui poggia l'elmetto e l'emblema del Corpo, supporta l'epigrafe: PER LA LIBERTA' DEI POPOLI / PER LA PATRIA ITALIANA / STRENUAMENTE COMBATTENDO / CADDERO / E RIVIVONO OGGI NELLA GLORIA (seguono i nominativi dei sei Caduti) – 27.4.1945 Questo cippo è stato in seguito spostato nella Caserma dei Vigili del Fuoco ove tuttora si trova. Il Comune di Cremona appose sul muretto della scuola ove avvenne la fucilazione una lapide con queste parole: PER LA LIBERTA' DELLA PATRIA / QUI TRUCIDATI IL 27.4.1945 / VIVANO NELLA PERENNE MEMORIA / DEGLI ITALIANI (seguono i sei nomi) La lapide è oggi rinnovata aggiungendo l'età e la qualificazione dei Caduti e la data BAGNARA LI 27. 4. 2018. Il Comune di Cremona, con delibera del Consiglio comunale dell'11.10.1966 intitolò VIA MARTIRI DELLA LIBERTA' la strada che inizia dalla curva della via Casalmaggiore per inoltrarsi nell'abitato della frazione di Bagnara. Così venne intitolata anche la scuola locale, nel giugno 1978, su richiesta delle maestre. Con gli alunni esse avevano lavorato ad una ricerca sul tragico evento, poi riprodotta col ciclostile. |
Il racconto e le testimonianze del terribile avvenimento dalle parole dei testimoni del tempo.
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