Testimonianza di Ivano Mecenero.
QUELL'ULTIMO ABBRACCIO
A seguito dell’emergenza causata dal terremoto dell’Irpinia,le squadre del comando di Mantova,di cui facevo parte, si trovavano ad operare a Conza della Campania da diversi giorni.
Ormai le speranze di recuperare persone vive da sotto le macerie erano praticamente svanite, per cui quello che più impegnava il nostro lavoro era diventato il recupero delle salme.
A quel terribile compito disgraziatamente ci stavamo via via abituando e con esso tutto quanto di brutto in circostanze simili ci poteva capitare.
Ma ciò che avvenne quel giorno fu veramente toccante.
Un parente di una famiglia del luogo ci informò che non aveva più notizie e ci indicò dove era ubicata la casa,che purtroppo era crollata, dove abitavano.
Immediatamente iniziammo a scavare sotto le macerie fino a quando, in un angolo della casa non occupato da macerie,individuammo tre corpi stretti in un ultimo intenso abbraccio.
L’orrore di quella vista contrastava incredibilmente con il senso di dolcezza che trasmettevano quei corpi in quel loro ultimo abbraccio, le mani erano strette a significare l’amore e la grande unione di quelle due persone in quel momento terrificante.
Quali saranno state le loro ultime parole? i loro pensieri? Cosa si dissero per darsi reciproca forza nell’affrontare quella prova estrema?
Ma il Vigile del Fuoco non può permettersi di farsi travolgere dal vortice dei sentimenti, deve sempre e comunque trovare il modo utile per dare risoluzione a condizioni tragiche, anche se a volte significa trovare la pietà nel recuperare i corpi senza vita.
Con molto garbo ed un grande senso di rispetto, dovemmo sciogliere quel prodigo abbraccio, rimuovemmo quelle vittime, scoprendo che erano il padre,la madre e la figlia.
Così come fanno i Pompieri, non ci è dato sapere “per chi fai”, “cosa succederà poi”, cercammo di tenere unite quelle tre vittime; fosse stato possibile, non avremmo mai separato quell’abbraccio e quella tenera stretta di mano, quella promessa mantenuta di eterno amore.
Ma recuperato quelle salme, altre attendevano ancora il nostro aiuto. E come fa il Pompiere abbiamo proseguito il nostro lavoro.
A distanza di qualche giorno il periodico Gente pubblicò quella foto con i corpi nel tragico recupero.
Quella pagina di giornale è da anni esposta nel Museo Nazionale dei Vigili del Fuoco di Mantova, nel settore delle grandi catastrofi, a voler testimoniare: che ogni più terribile sciagura, anche il più efferato disastro, ci riserva comunque molte storie di generosità e momenti di grande tenerezza.
A seguito dell’emergenza causata dal terremoto dell’Irpinia,le squadre del comando di Mantova,di cui facevo parte, si trovavano ad operare a Conza della Campania da diversi giorni.
Ormai le speranze di recuperare persone vive da sotto le macerie erano praticamente svanite, per cui quello che più impegnava il nostro lavoro era diventato il recupero delle salme.
A quel terribile compito disgraziatamente ci stavamo via via abituando e con esso tutto quanto di brutto in circostanze simili ci poteva capitare.
Ma ciò che avvenne quel giorno fu veramente toccante.
Un parente di una famiglia del luogo ci informò che non aveva più notizie e ci indicò dove era ubicata la casa,che purtroppo era crollata, dove abitavano.
Immediatamente iniziammo a scavare sotto le macerie fino a quando, in un angolo della casa non occupato da macerie,individuammo tre corpi stretti in un ultimo intenso abbraccio.
L’orrore di quella vista contrastava incredibilmente con il senso di dolcezza che trasmettevano quei corpi in quel loro ultimo abbraccio, le mani erano strette a significare l’amore e la grande unione di quelle due persone in quel momento terrificante.
Quali saranno state le loro ultime parole? i loro pensieri? Cosa si dissero per darsi reciproca forza nell’affrontare quella prova estrema?
Ma il Vigile del Fuoco non può permettersi di farsi travolgere dal vortice dei sentimenti, deve sempre e comunque trovare il modo utile per dare risoluzione a condizioni tragiche, anche se a volte significa trovare la pietà nel recuperare i corpi senza vita.
Con molto garbo ed un grande senso di rispetto, dovemmo sciogliere quel prodigo abbraccio, rimuovemmo quelle vittime, scoprendo che erano il padre,la madre e la figlia.
Così come fanno i Pompieri, non ci è dato sapere “per chi fai”, “cosa succederà poi”, cercammo di tenere unite quelle tre vittime; fosse stato possibile, non avremmo mai separato quell’abbraccio e quella tenera stretta di mano, quella promessa mantenuta di eterno amore.
Ma recuperato quelle salme, altre attendevano ancora il nostro aiuto. E come fa il Pompiere abbiamo proseguito il nostro lavoro.
A distanza di qualche giorno il periodico Gente pubblicò quella foto con i corpi nel tragico recupero.
Quella pagina di giornale è da anni esposta nel Museo Nazionale dei Vigili del Fuoco di Mantova, nel settore delle grandi catastrofi, a voler testimoniare: che ogni più terribile sciagura, anche il più efferato disastro, ci riserva comunque molte storie di generosità e momenti di grande tenerezza.