Il dovere della memoria
Speciale Irpinia e Basilicata
23 novembre 1980, ore 19.35.
Novanta lunghissimi secondi durante i quali vennero cancellate circa tremila vite, affetti, ricordi e rasi al suolo interi paesi, borghi, infrastrutture.
Le forze del soccorso a costo di grandi sofferenze e sacrifici fronteggiarono un’immane situazione quasi in braghe di tela. I cittadini si mobilitarono, i volontari si resero immediatamente disponibili, ma molte cose non funzionarono.
“Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi”. Così urlò l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini sulle macerie sminuzzate di quelle case.
Forse mai come in quel momento si toccò il fondo della carenza di uomini e mezzi. L’organizzazione non fu in grado di rispondere al meglio e le falle del sistema misero in evidenza disinteressi politici, trascuratezze e sciatterie organizzative.
Solo la grande volontà di migliaia di vigili del fuoco giunti da tutta l’Italia salvò la decenza. E se è vero che dopo gravi devastazioni c’è il tempo e lo spazio per risollevarsi, l’evento servì a grandi riflessioni sulla necessità di creare un’efficiente macchina del soccorso.
Sono trascorsi oltre quarant’anni dal tragico terremoto che colpì l’Irpinia, la Basilicata e parte della Puglia nord occidentale.
Noi del gruppo di lavoro delle “Eredità Storiche” abbiamo voluto celebrare la tristissima ricorrenza con due distinte edizioni dei Quaderni di Storie Pompieristiche, contenenti una raccolta di intense e toccanti testimonianze di chi c’era e di chi ha vissuto le dure fasi di quei terribili giorni che sconvolsero tutto il nostro Paese, ma anche parole di denuncia di una situazione operativa difficile.
Testimonianze ancora oggi cariche di emozioni, ma allo stesso tempo amare ed impietose di quanto accadde in quei giorni. Testimonianze velate da una punta di nostalgia, percepibile da alcuni ricordi di vita di caserma, che narrano quel modo di essere un vigile del fuoco, che avrebbe consentito poi nei giorni intorno al 23 novembre 1980 di salvare vite e recuperare beni, molte volte anche poveri ma carichi di affetti, meritandosi così ancora una volta la stima e la gratitudine della gente.
Novanta lunghissimi secondi durante i quali vennero cancellate circa tremila vite, affetti, ricordi e rasi al suolo interi paesi, borghi, infrastrutture.
Le forze del soccorso a costo di grandi sofferenze e sacrifici fronteggiarono un’immane situazione quasi in braghe di tela. I cittadini si mobilitarono, i volontari si resero immediatamente disponibili, ma molte cose non funzionarono.
“Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi”. Così urlò l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini sulle macerie sminuzzate di quelle case.
Forse mai come in quel momento si toccò il fondo della carenza di uomini e mezzi. L’organizzazione non fu in grado di rispondere al meglio e le falle del sistema misero in evidenza disinteressi politici, trascuratezze e sciatterie organizzative.
Solo la grande volontà di migliaia di vigili del fuoco giunti da tutta l’Italia salvò la decenza. E se è vero che dopo gravi devastazioni c’è il tempo e lo spazio per risollevarsi, l’evento servì a grandi riflessioni sulla necessità di creare un’efficiente macchina del soccorso.
Sono trascorsi oltre quarant’anni dal tragico terremoto che colpì l’Irpinia, la Basilicata e parte della Puglia nord occidentale.
Noi del gruppo di lavoro delle “Eredità Storiche” abbiamo voluto celebrare la tristissima ricorrenza con due distinte edizioni dei Quaderni di Storie Pompieristiche, contenenti una raccolta di intense e toccanti testimonianze di chi c’era e di chi ha vissuto le dure fasi di quei terribili giorni che sconvolsero tutto il nostro Paese, ma anche parole di denuncia di una situazione operativa difficile.
Testimonianze ancora oggi cariche di emozioni, ma allo stesso tempo amare ed impietose di quanto accadde in quei giorni. Testimonianze velate da una punta di nostalgia, percepibile da alcuni ricordi di vita di caserma, che narrano quel modo di essere un vigile del fuoco, che avrebbe consentito poi nei giorni intorno al 23 novembre 1980 di salvare vite e recuperare beni, molte volte anche poveri ma carichi di affetti, meritandosi così ancora una volta la stima e la gratitudine della gente.